Intervista all’attore Filippo Marsili, uno dei volti nuovi della serie “Baby”

Nel teen drama su Netflix interpreta Carlo. Prossimamente lo vedremo anche nella serie "Curon"

Romano classe 1998, Filippo Marsili ha iniziato a farsi conoscere dal grande pubblico in questi mesi, grazie alla partecipazione alla seconda stagione della serie Netflix “Baby”, dove interpreta Carlo, e a quella nella fiction Mediaset “Oltre la soglia”, dove recita al fianco di Gabriella Pession.

Prossimamente lo vedremo anche in “Curon”, la serie sovrannaturale di Netflix diretta da Fabio Mollo e Lydia Petitucci e ambientata nel paese del nord Italia famoso per il suo campanile sommerso, anche se il progetto è al momento top-secret.

Nella nostra intervista parleremo con lui del ruolo in “Baby” e della vita sul set, del successo dei teen drama e dei suoi progetti futuri.

 

Ciao Filippo. Sei un “volto nuovo” di Netflix, piattaforma su cui hai debuttato da qualche settimana con la seconda stagione di “Baby” e in cui ti vedremo impegnato nei prossimi mesi in “Curon”. Come ci si sente?

Sono molto emozionato. Sono al mio esordio e tutto questo è meraviglioso. “Baby” per me è qualcosa di molto importante perché rappresenta il mio primo grande lavoro, ma lo vedo come un punto di partenza e non di arrivo.

Che cosa ci puoi raccontare di Carlo, il personaggio che interpreti in “Baby”?

Non voglio dire molto, preferisco che lo conosciate vedendo la serie. Sicuramente Carlo è un ragazzo che segue il gruppo, che si appoggia molto sulle spalle degli altri e preferisce non prendere decisioni da solo.

Come ti sei preparato per interpretarlo?

Ho cercato di essere naturale, trattandosi di un ragazzo molto vicino a me anche se si comporta in maniera completamente diversa da come mi comportavo io al liceo. Come ho detto, Carlo è uno che segue il gregge, io invece non ho mai amato omologarmi. Per interpretarlo al meglio mi sono affidato ai due bravissimi registi della serie, Andrea De Sica e Letizia Lamartire.

Per “Baby 2” sei entrato in un cast già affiatato e rodato, dopo la prima stagione. Com’è stato l’adattamento?

L’adattamento, grazie ai miei colleghi, è stato molto facile. Sono stati tutti fin da subito gentili e disponibili.

E le riprese? Ci puoi raccontare qualche episodio divertente o che ti è rimasto particolarmente impresso durante le riprese?

Non c’è qualcosa in particolare, ma posso dirvi che inizialmente mi faceva un po’ ridere ricominciare con le ansie che si hanno al liceo, come i professori o i compiti in classe. Devo dire che questo mi ha molto divertito.

Le serie young adult, che affrontano tematiche delicate da un punto di vista vicino al pubblico giovane, stanno spopolando, penso a “Baby”, a “Skam” in tutte le sue declinazioni, alla spagnola “Élite”, all’inglese “Sex education”. Tu quali pensi che siano i motivi del successo? I giovani sentono il bisogno di trovare personaggi che li rappresentino davvero, storie in cui rivedersi al 100%?

È vero, oggi le serie young adult stanno spopolando. I ragazzi vogliono riconoscersi in quello che vedono, ma per il semplice fatto che le serie che hai citato vengono distribuite da piattaforme di streaming online che sono utilizzate per la maggior parte da ragazzi molto giovani. Questo è secondo me la ragione per la quale sono così di moda. Devo dire che per noi giovani attori è una fortuna e al contempo un grosso rischio, quello di poter debuttare molto giovani. In passato non era così “semplice”.

E hai avvertito una certa responsabilità in questo senso, durante le riprese? Com’è, a 21 anni, pensare di diventare un modello o un punto di riferimento per i tuoi coetanei?

Responsabilità non lo so. Io mi sono impegnato nel mio lavoro, che in questo caso è quello di interpretare un ruolo non così d’esempio per i giovani. L’importante, in fondo, è che i giovani guardino “Baby” con giudizio, che non cerchino di emulare certi comportamenti e soprattutto che sia per loro d’esempio per non intraprendere strade poco raccomandabili.

Parlando del mondo del cinema in generale, da Millennialls, che cosa ne pensi delle nuove realtà produttive come Apple Disney, Amazon Video e lo stesso Netflix? Secondo te il futuro del cinema è sempre più lontano dalle sale?

Credo che entrambe le realtà possano convivere. Queste nuove piattaforme sono importanti e ci regalano grandi serie e film da poter vedere comodamente a casa, hanno ampliato la scelta nel campo dell’audiovisivo. Però andare al cinema, entrare in una sala, aspettare che le luci si spengano e vedere le immagini sul grande schermo rimane un rito collettivo che penso non morirà mai.

E questo rende più semplice o più difficile il percorso per un giovane che, come te, vuole fare l’attore “da grande”? Le possibilità di farcela si stanno davvero moltiplicando come i soggetti coinvolti nelle produzioni e realizzazioni dei film e delle serie oppure servono comunque impegno, lavoro e una buona dose di fortuna per costruirsi una carriera e non essere solo una meteora?

Sicuramente oggi un giovane attore ha maggiori possibilità. Il problema e il rischio, però, è proprio questo: quello di fare un esordio prematuro, prima di avere una buona base recitativa. Esordire presto va bene, essere una meteora no. Questo è un lavoro che va preso seriamente, non bisogna mai pensare di essere arrivati, continuare sempre a studiare e non accontentarsi mai. Ciò è possibile solo se si è veramente innamorati di questo lavoro.

Per adesso hai all’attivo ruoli in serie televisive e cortometraggi. Il sogno nel cassetto è debuttare anche al cinema? E c’è un genere in particolare dove ti piacerebbe recitare?

È assolutamente un sogno e un obiettivo. Non preferisco un genere particolare, sarebbe un privilegio immenso poter fare il protagonista al cinema.

 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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