di Alessandra Pappalardo

 

Un film di Stéphanie Di Giusto. Con Soko, Gaspard Ulliel, Melanie Thierry, Lily-Rose Depp, François Damiens. Biografico, 108’. Francia, 2016

 

Un inciampo casuale che diventa un volteggio, un volteggio che diventa una serpentina, una serpentina che diventa una danza e poi un imperativo categorico. Il futuro dell’americana Loïe Fuller (Soko) sta tutto in queste due parole: io danzerò.

Nulla nella vita di questa venticinquenne ribelle cresciuta nel West degli Stati Uniti, con il padre prima, con la madre devota dopo, lasciava presagire la sua ascesa nel mondo della danza parigina della Belle Époque.

Ma l’impossibile accade. Mary-Louise Fuller supera i limiti fisici e grazie alla cura scenografica, allo studio dell’illuminotecnica e alla maniacale attenzione per gli abiti reinventa il balletto e se stessa.

“Io danzerò” di Stéphanie Di Giusto, all’esordio alla regia, pur mostrando qualche limite nell’approfondimento degli intrecci, a volte più accennati che raccontati, della vita personale e professionale della Fuller, riesce a rappresentare il dualismo tenebra/luce.

L’arte diventa evasione e trascendenza dalla realtà, finché il sipario è aperto. Ma alla fine di ogni performance è la fatica che affiora. I bastoni per il volteggio sono pesanti da sostenere, i proiettori arrossano gli occhi. Il corpo torna a essere ingombro.

Il contrasto è mostrato, ancor più chiaramente, nell’incontro con la ballerina Isadora Duncan (Depp), prima protetta e poi rivale della Fuller.

La grazia di una danza naturale, il talento di una ballerina “pura” che diventa (s)oggetto di desiderio artistico ed erotico per la Fuller, figura tormentata e messa in ombra, ma sostenuta anche nei momenti più difficili dalla fedele assistente (Thierry).

Il film, complessivamente, regge l’impalcatura narrativa appoggiandosi sulle spalle larghe di Soko, sull’ammaliante e sensuale delicatezza di Lily-Rose Depp, e sulla presenza discontinua della figura del conte-mecenate, interpretato dal sempre magnetico Gaspard Ulliel.

Pur lasciando la sensazione di non riuscire a decollare del tutto e di mancare l’obiettivo di rendere fino in fondo la complessità della personalità di Loïe Fuller, “Io danzerò” lascia presagire un futuro artistico interessante per la regista Di Giusto, in attesa del prossimo giro di danza.

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