“Io, Dio e Bin Laden”: un Don Chisciotte moderno in Pakistan

Nicolas Cage è Gary Faulkner che seguendo la chiamata di Dio parte alla caccia di Bin Laden

Un film di Larry Charles. Con Nicolas Cage, Russell Brand, Wendi McLendon-Covey, Amer Chadha-Patel, Denis O’Hare. Avventura, 92′. USA 2016

Gary Faulkner è disoccupato, ha alle spalle qualche condanna per reati minori e davanti a sé forse qualche birra di troppo, quando riceve la “chiamata” divina per una missione a cui non può sottrarsi: partire per il Pakistan e catturare Osama Bin Laden. Armato di una spada da samurai comprata tramite una televendita e della convinzione, risalente all’infanzia, di dover fare qualcosa di grande, Faulkner, malato di reni ma psichiatricamente dichiarato sano, lascia la donna che lo ama e lo sopporta per inseguire il suo destino.

 

Nella storia recente poche date hanno assunto l’importanza dell’11 settembre 2001. Quel giorno gli americani vennero colpiti al cuore, in casa loro, come non era mai successo prima. Quel giorno scoprirono di non essere invincibili.

Il nemico venne identificato in Osama Bin Laden, leader di Al Qaeda. La caccia all’uomo condotta dalla CIA e dagli altri servizi segreti occidentali è andata avanti per dieci anni, tra fallimenti e depistaggi, tanto da diventare una sorta di mito – Bin Laden stesso sembrava un fantasma, un’ombra.

Almeno fino alla sera del 2 maggio 2011 quando il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama annunciò in diretta tv che Bin Laden era stato ucciso nel corso della cosiddetta Operation Neptune Spear.

Ma perché è stato necessario tanto tempo per portare a termine l’operazione? Dove si nascondeva Bin Laden? Certo un intervento divino avrebbe semplificato le cose… In effetti proprio un’apparizione spinse Gary Faulkner, eccentrico disoccupato americano, a  partire per il Pakistan e mettersi sulle tracce del ricercato numero uno al mondo.

Non è uno scherzo, la storia è vera, per quanto stravagante, e raccontata in un articolo del 2010 a firma di Chris Heath che ha dato il là al film di Larry Charles “Io, Dio e Bin Laden” con protagonista Nicolas Cage.

Potremmo considerare la pellicola come una sorta di rilettura ironica, grottesca e surreale del “Don Chisciotte” di Miguel Cervantes, con una differenza: Faulkner non è stato dichiarato pazzo da nessuna perizia psichiatra a cui è stato sottoposto.

Lo spettatore è trascinato dentro una storia costantemente in bilico tra realtà e follia, una follia divertente, però, che non mette a disagio, ma piuttosto genera pathos. Merito del protagonista, un uomo buono, gentile, altruista, per quanto pieno di sé.

Nicolas Cage sfodera senza dubbio la miglior performance degli ultimi dieci anni. Il suo Gary è autentico, istrionico, sensibile, soprattutto mai caricaturale. Non sembra azzardato il paragone con il personaggio di James Franco nella commedia de “The disaster artist” (qui la recensione) che valse all’attore un meritato Golden Globe.

Irresistibile anche la rappresentazione di Dio (Russell Brand), sboccato, politicamente scorretto, violento e vendicativo. Nelle visioni e nei dialoghi tra Gary e l’Altissimo si mescolano con efficacia, in una cornice degna del miglior teatro dell’assurdo, elementi kafkiani e atti di provocazione e critica politica.

“Io, Dio e Bin Laden” irride la razionalità e i servizi segreti americani, e spiazza il pubblico, dubbioso fino all’ultimo su quanto questa storia possa o meno essere vera.

Gary Faulkner fu ritrovato dalla milizia pakistana in una grotta, privo di sensi. L’uomo sostenne di aver incontrato Bin Laden e di averlo quasi ucciso in un duello con la spada. I servizi segreti smentirono seccamente.

Secondo la versione ufficiale il leader di Al Qaeda è morto nel 2011. Ma questa volta è il Don Chisciotte americano a non credere alla notizia. La sua missione per conto di Dio non è finita, e lui ha promesso di tornare in Pakistan non appena potrà per riprendere la sua caccia.

Al pubblico il compito di decidere dove sia il confine tra realtà e finzione, e soprattutto tra verità e pazzia. Intanto teniamo d’occhio siti di notizie online e quotidiani. Non sia mai che ci perdiamo qualche aggiornamento.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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