“Ippocrate”: un racconto di formazione in corsia

Thomas Lilti dirige una pellicola che alla finzione aggiunge una componente da documentario

Un film di Thomas Lilti. Con Vincent Lacoste, Jacques Gamblin, Reda Kateb, Marianne Denicourt, Félix Moati. Commedia drammatica, 102′. Francia 2014

Benjamin diventerà un grande medico, ne è certo. Ma la sua prima esperienza come interno nel reparto ospedaliero dove suo padre lavora non va come previsto. La pratica si rivela più dura della teoria. La responsabilità è opprimente, suo padre è sempre assente e il suo compagno di servizio, Abdel, è un medico straniero molto più esperto di lui. Benjamin si confronterà brutalmente con i suoi limiti, le sue paure, quelle dei suoi pazienti, delle famiglie, dei medici e del personale. La sua iniziazione comincia.

 

Il giuramento di Ippocrate, pronunciato dai medici al momento dell’iscrizione all’ordine, dovrebbe essere il faro che guida nell’esercizio di questa, nobile, professione. Purtroppo, oggi sempre più spesso, la salute e il benessere del paziente sono diventanti secondari, soppiantati da ragioni di business.

E se per uno studente di medicina il sogno di indossare il camice bianco coincide ancora con quello di mettersi al servizio degli altri, l’ingresso nel mondo del lavoro significa spesso fare i conti con la realtà delle cose, molto meno poetica.

Per distanziarsi dai tanti medical dramma proposti in tv, “Ippocrate” sposa il punto di vista di un giovane internista in ospedale, convinto di essere in possesso di tutti gli strumenti per adempiere con successo al suo primo incarico…“Ippocrate” di Thomas Lilti è un coraggioso quanto onesto affresco di questa amara realtà, condivisa da molti paesi europei (in questo caso la storia è ambientata a Parigi), che include una forte componente autobiografica.

Il film propone due tipologie di medici, antitetiche. Benjamin (Lacoste) ha intrapreso questa strada per seguire le orme paterne e ha ben presenti le dinamiche all’interno di un ospedale – dove non necessariamente la salute dei pazienti viene messa al primo posto. Abdel (Kateb), invece, scrupoloso, coscienzioso e preparato, ha lasciato il suo Paese per inseguire un sogno e si rifiuta di allinearsi a politiche che non condivide.

“Ippocrate” presenta una prima parte più puramente di finzione, seppure molto neorealista, mostrando allo spettatore i primi giorni da internista di Benjamin, gli errori commessi, le difficoltà a cui va incontro e l’alto prezzo pagato per la sua inesperienza e presunzione.

“In tv la rappresentazione dell’ospedale avviene attraverso immagini stereotipate – spiega Lilti – mentre io mi sono tuffato nei ricordi per ritrovare le emozioni vissute negli anni in cui ho studiato medicina”.

Lo spettatore segue coinvolto e preoccupato le vicissitudini professionali del giovane (bene interpretato da Vincent Lacoste), osservando come l’incontro con il collega Adbel (a sua volta magistralmente interpretato da Reda Kateb) segni un punto di svolta nella storia.

Simile a una docu-fiction, invece, la seconda parte, dove si supera la vicenda particolare per attirare l’attenzione sui tagli alle risorse e agli stipendi, dando voce a medici e infermieri scontenti. Una scelta teoricamente apprezzabile che si traduce però in una messa in scena troppo retorica ed enfatica, che allontana lo spettatore.

“Ippocrate”, al di là dei limiti narrativi e di alcune scelte registiche poco comprensibili, rimane una pellicola valida quanto vera di cui si sentiva il bisogno, e a cui ci auguriamo il pubblico italiano darà il giusto sostegno al box office.

 

Il biglietto da acquistare per “Ippocrate” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

 

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