Jane Austen book club, Karen Joy Fowler

Jocelyn ha passato i cinquanta, ma non smette di partorire un’idea bizzarra dietro l’altra. Sylvia, la sua migliore amica – si conoscono da quando avevano entrambe undici anni – le ha appena confessato che, dopo trentadue anni di matrimonio, suo marito le ha chiesto il divorzio. Trentadue anni di gioie e soddisfazioni svaniti improvvisamente nel nulla, ha detto singhiozzando. E Jocelyn che cosa ha fatto? Ha avuto la stramba idea di fondare un club del libro, il Jane Austen Book Club, poiché, ha detto citando Kipling, “non c’è niente di meglio di Jane quando sei nei pasticci”.

 

Una lettura leggera, qualcuno direbbe “da spiaggia”, perché non richiede moltissimo tempo per essere portata a termine né una concentrazione fuori dall’ordinario. L’idea di fondo – un club del libro dove cinque donne e un uomo si ritrovano per analizzare i romanzi di Jane Austen, ma alla fine sono più le vite di ognuno che i libri ad essere al centro della storia – non è male. Però a mio avviso il tutto è un po’ troppo frettoloso. Superficiale?

La scelta di accostare le une alle altre, in modo fluido, senza nessuna indicazione, scene del presente e scene del passato dei diversi personaggi è rischiosa. Di tanto in tanto, leggendo, si ha la sensazione di aver perso il filo, di non sapere bene in quale piano – ieri, oggi – ci si trovi esattamente. Però le varie vicende prendono abbastanza, e si vorrebbe saperne di più.

Invece, sia del passato che del presente, vengono date più che altro delle pennellate. Non c’è un reale approfondimento. Ci sono degli aneddoti, delle scene, tutte rigorosamente raccontate in prima persona da chi le ha vissute (state pronti: in questo libro il narratore cambia molto spesso, e non si identifica mai, quindi sta a voi capire chi è a dire e pensare e raccontare cosa) e poi… si torna al presente e al club.

Ammettiamolo: uno leggendo il titolo si aspetta che i romanzi di Jane Austen e le riunioni di questo variegato gruppo di lettori siano il centro pulsante della storia. Invece, come ho scritto sopra, questo è più che altro lo spunto per raccontare le vite dei sei personaggi – e delle rispettive famiglie, mariti, fidanzate. I libri della scrittrice inglese vengono tirati fuori di tanto in tanto, ma le discussioni che il club costruisce loro intorno risultano piuttosto limitate, brevi, per molti versi piatte e monocordi. Dopo aver letto questo romanzo non penso di aver avuto spunti di lettura per affrontare con una consapevolezza nuova i romanzi della Austen, e questo è un fatto.

Tornando alle storie personali dei protagonisti – il vero argomento del libro – sono tutte abbastanza normali da poter essere credibili e verosimili, ma in ognuna ci sono degli elementi particolari, qualcosa che le renda iconiche e degne d’interesse. Anche se alcuni personaggi sono un po’ troppo stereotipati, a mio modesto parere – la moglie seriale Bernadette che ovviamente finisce la storia avendo trovato l’ennesimo marito? La troppo sommessa e posata Sylvia, abbandonata dal coniuge per una ragazza più giovane?

Ma quello che lascia perplessi è soprattutto il modo in cui tutto arriva a una conclusione. Il ritmo è troppo rapido. Conosciamo i personaggi, iniziamo ad appassionarci alle loro vite quanto i giochi sono tutti aperti – Jocelyn non ha un uomo, Sylvia è stata lasciata, Allegra ha lasciato, ecc. ecc. ecc. – e dopo meno di 300 pagine… epilogo. Ma come si è arrivati all’epilogo? Sinceramente mi sarebbe piaciuto vedere lo sviluppo del rapporto tra la single convinta e Grigg, l’unico maschietto della compagnia. Mi sarebbe piaciuto capire meglio perché la giovane ed emotiva Allegra decide di tornare dalla sua compagna. E invece si legge solo come stanno le cose alla fine.

Tirando le somme, il libro non ha risposto alle mie aspettative – mi aspettavo più Jane Austen e meno drammi contemporanei. Però questo è il bello di prendere in mano un romanzo senza saperne assolutamente niente, guidati solo dal titolo e da una copertina accattivante. Ci si fa un’idea e poi lo scrittore può sorprenderci. La trama per me è un po’ frettolosa. Prendersi del tempo per raccontare con più precisione cosa è successo a chi, visto che si è scelto di rendere quello l’argomento del romanzo, non avrebbe guastato. Però la storia è relativamente scorrevole, non ci si annoia e alcuni momenti sono esilaranti. Tutto sommato un libro piacevole.

N.B. Piccola nota a margine: leggendo i commenti di altri lettori in rete ho scoperto che da questo libro è stato tratto un film (non una grande novità), e soprattutto che la pellicola sembra essere più centrata e convincente dello scritto (questa, se confermata, potrebbe essere una novità). Potrebbe essere il caso di dargli una chance?


 

 

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