“L’amore bugiardo”: il lato oscuro del matrimonio secondo Gillian Flynn

Un thriller ricco di colpi di scena e rovesciamenti di fronte, raccontato dal punto di vista dei coniugi Dunne

E poi vedo Nick Dunne e – bang! – ci intendiamo al volo. Marciamo allo stesso ritmo. Ci appassioniamo alle stesse cose. E penso: ecco qui il resto della mia vita. Finalmente.

 

Un marito devoto schiacciato dall’angoscia, o un cinico, bugiardo e violento, forse addirittura un assassino? Una moglie-vittima, vessata dal marito, oppure un’intrigante senza scrupoli, capace di architettare di tutto, persino il proprio rapimento e presunto omicidio, pur di rovinare la vita di lui e prendersi la sua rivincita?

Raccontato dalle voci alternate di Nick e Amy Dunne, “L’amore bugiardo – Gone girl” di Gillian Flynn è un’incursione nel lato oscuro del matrimonio. Un thriller costruito su una serie di rovesciamenti e di colpi di scena, che costringe il lettore a chiedersi se davvero sia possibile conoscere la persona che ci dorme accanto.

Uno dei principali problemi di questo libro, secondo me, è che l’alternanza dei punti di vista non genera, tra i lettori, la tensione e lo sconcerto che dovrebbe. Quando Nick inizia a raccontare, non facendo riferimento all’amante, ad esempio, e comunque spacciandosi per un marito perfetto, non sembra così buono come dovrebbe. Allo stesso modo, quando si legge il diario di Amy e lei racconta di vessazioni, violenze domestiche, patimenti vari, si ha la sensazione che non sia così simpatica e innocente come vorrebbe dipingersi.

L’idea dell’autrice è chiara: giocare con la psiche dei lettori, mandando all’aria in successione ogni idea che questi si sono fatti sui personaggi. La riuscita, però, non è perfetta. Non si viene stupiti al 100% dalle rivelazioni – Andie, le macchinazioni di Amy, i tradimenti di Nick. I protagonisti non sono del tutto credibili o la scrittura non rende giustizia alla trama immaginata, delle due una.

La conclusione della storia, poi, lascia interdetti. A dire il vero, io sono rimasta anche alquanto scioccata. Ok che marito e moglie hanno entrambi i loro difetti, tutti e due hanno commesso degli errori nel loro rapporto e via dicendo ma… Amy dovrebbe finire dietro le sbarre, come minimo! Non è possibile che dopo tutto quello che è successo, lei non venga punita.

È un finale volutamente problematico, volutamente sconcertante. Eppure non si riesce a mandarlo del tutto giù. È più forte di noi, alla fine vorremmo veder scorrere davvero il sangue. La nostra sete di giustizia vorrebbe soddisfazione. E invece…

 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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