“L’angelo dei muri”: un thriller soprannaturale dalle intuizioni felici

Pierre Richard è straordinario nel film di Lorenzo Bianchini, buon esempio di cinema indipendente

Un film di Lorenzo Bianchini. Con Pierre Richard, Iva Krajnc, Gioia Heinz, Arthur Defays, Paolo Fagiolo. Thriller, horror, 102′. Italia 2021

Trieste. Pietro vive da solo in un vecchio appartamento all’ultimo piano di un vecchio edificio malmesso, ma la sua regolare monotonia viene interrotta dall’avviso di uno sfratto esecutivo. L’uomo però non vuole abbandonare la casa. Così, attraverso un muro del lungo corridoio, riesce a sparire e a non farsi trovare il giorno in cui arriva l’ufficiale giudiziario. Dal nascondiglio vede tutto quello che sta accadendo. Si rifugia lì ogni volta che c’è una minaccia esterna (il proprietario, i potenziali inquilini) e ha sempre l’ossessivo timore di essere scoperto. Un giorno però si trova davanti a due nuovi ospit’: Zala, una madre disperata, e Sanya, la figlia che sta perdendo la vista.

 

Quando uno abita tutta la vita nella stessa casa, questa diventa una sorta di coperta di Linus e pensare di lasciarla è doloroso e terrificante. Ogni stanza e persino ogni mobile nasconde un ricordo, un’emozione, un momento del passato.

Se però la casa in questione non è di proprietà ma in affitto può succedere che il legittimo proprietario la rivoglia indietro, per morosità dell’inquilino o scadenza del contratto di locazione, e allora fare le valigie è imperativo.

È quanto succede all’anziano Pietro, protagonista del film “L’angelo dei muri” di Lorenzo Bianchini, presentato lo scorso anno al Torino Film Festival, a cui viene notificata un’istanza di sfratto dall’ufficiale giudiziario.

Di lui non sappiamo niente, solo che passa le giornate da solo, fumando e bevendo. Si aggira per la casa come fosse un fantasma, gli occhi vivi e malinconici, trascurato nel fisico e nell’anima.

Pietro non può e non vuole lasciare quella casa, che per lui rappresenta tutto. Lo percepiamo dal flusso di ricordi, affetti ed eventi, forse dolorosi, che si mescolano confusamente nella sua mente. Così decide di resistere allo sfratto, tirando su un muro e costruendo una stanza segreta.

La prima parte del film è una commedia agrodolce, scandita dai tentativi di Pietro di non farsi scoprire di giorno dal proprietario e dagli operai e della sua vita notturna, libero per casa. Una situazione che risulterebbe, alla lunga, inverosimile e insostenibile sul piano narrativo e stilistico, se non fosse per la straordinaria interpretazione di Pierre Richard.

L’attore francese conquista fin da subito l’attenzione e la curiosità dello spettatore, utilizzando il proprio corpo come strumento di racconto e comunicazione in sostituzione della parola. Richard scompare dietro il suo personaggio, che contiene in sé molteplici sfumature: comico, grottesco, misterioso.

Nella seconda parte, “L’angelo dei muri” cambia pelle, diventando un thriller soprannaturale con venature horror, con l’arrivo in casa di due nuovi inquilini: Zala e Sanya, una mamma e la giovane figlia che sta perdendo la vista. Pietro le osserva non visto dal suo nascondiglio, prima con diffidenza, poi con curiosità, infine provando affetto per la piccola. Chi è adesso che abita davvero nell’appartamento?

Eviterò ulteriori approfondimenti sulla trama per non rovinarvi l’effetto sorpresa. Mi limiterò a sottolineare come il regista Lorenzo Bianchini abbia dimostrato coraggio e creatività nel mescolare insieme le atmosfere e il pathos del film “The Others” e le tematiche introspettive e dell’inganno della mente care a Nolan.

“L’angelo dei muri” è un film sulla memoria, sul senso di colpa e su come quest’ultimo possa condizionare un’intera esistenza. È anche un viaggio nei ricordi, che per quanto doloroso è l’unico modo per poter poi andare avanti e trovare pace. Come accadrà a Pietro nella sua casa.

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