“L’età giovane”: integralismo e cattivi maestri nel film dei Dardenne

Una pellicola poco riuscita, che denuncia la situazione attuale ma senza risultare troppo incisiva

Un film di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne. Con Idir Ben Addi, Olivier Bonnaud,  Myriem Akheddiou, Victoria Bluck, Claire Bodson. Titolo originale: Le jeune Ahmes. Drammatico, 84′. Belgio 2019

Ahmed ha 13 anni ed è entrato nella spirale dell’integralismo musulmano grazie all’indottrinamento di un imam che, tra le altre cose, gli ripete che la sua insegnante di lingua araba, anch’essa musulmana, è un’apostata. Ahmed che venera un cugino martire dell’Islam, decide allora di procedere autonomamente e di passare all’azione nei suoi confronti.

 

Dopo otto giorni qui a Cannes, doveva arrivare, era nell’aria. Adesso il buon Thierry Fremaux può vantarsi di aver presentato al pubblico non una ma ben due “Spira Mirabilis” – chi mi segue da qualche tempo sa di cosa parlo! – in questa edizione del Festival.

Dopo “Jean” di Bruno Dummot, inserito nella sezione Un certain regard, i fratelli Dardenne decidono infatti di suicidarsi artisticamente con il loro nuovo film, “L’età giovane” (Le jeune Ahmed), presentato nella competizione principale.

Scrivere parole così tranchantes nei confronti dei registi belgi dispiace, ma è davvero dura salvare qualcosa in quello che si rivela un naufragio narrativo e stilistico. Dopo la débâcle del 2016 de “La ragazza senza nome” i Dardenne hanno provato a rinnovarsi finendo però per restare ancora prigionieri della loro idea di cinema.

Lo spunto di partenza del film – spiegare come un giovane francese possa trasformarsi in un integralista, nonostante la sua famiglia sia moderata – poteva anche essere interessante. Peccato che nell’evidenziare le reazioni di chi lo circonda, il personaggio di Ahmed rimanga tristemente immobile, chiuso nelle sue convinzioni.

Lo spettatore fatica terribilmente a entrare non dico in sintonia con questo personaggio ma anche solo a stabilire una sorta di contatto, a capire il suo travaglio esistenziale ed emotivo, legato alla mancanza di una figura maschile di riferimento probabilmente.

“L’età giovane” si rivela narrativamente debole e irrisolto, piatto sul piano del pathos e del ritmo. Il finale, sebbene forzato e buonista, si sforza di dare un senso catartico a una storia inverosimile e molto lontana dalla tragica realtà francese contemporanea.

 

Il biglietto da acquistare per “L’età giovane” è:
Neanche regalato (con riserva). Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre. 

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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