“L’ufficiale e la spia”: il 23° film di Roman Polanski, tra storia e attualità

Il film, che recupera una nota vicenda di fine Ottocento, ha un impianto classico e un ottimo cast

Un film di Roman Polanski. Con Emmanuelle Seigner, Jean Dujardin, Louis Garrel, Mathieu Amalric, Melvil Poupaud. Drammatico, 132′. USA 2019

Il 5 gennaio 1895 il capitano Alfred Dreyfus, giovane e promettente ufficiale dell’esercito francese accusato di essere un informatore dei tedeschi, viene degradato e condannato alla deportazione a vita sull’Isola del Diavolo nell’Oceano Atlantico, al largo delle coste della Guyana francese. Tra i testimoni della sua umiliazione c’è Georges Picquart, promosso a capo dell’unità di controspionaggio che lo ha accusato. Quando però Picquart scopre che le informazioni riservate continuano a essere passate ai tedeschi, viene attirato in un pericoloso labirinto di inganni e corruzione, che minaccia non soltanto il suo onore, ma la sua stessa vita.

 

Nel 1898 lo scrittore Emile Zola pubblicava su L’Aurore l’articolo divenuto famoso col titolo di “J’accuse”, denunciando la questione Dreyfus e la Terza Repubblica francese, uno scandalo che divise la nazione e ancora oggi è emblema dell’antisemitismo.

Il film “L’ufficiale e la spia” di Roman Polanski è una rivisitazione storica ma poco introspettiva della vicenda. Sembra un giallo di Arthur Conan Doyle con Jean Dujardin nei panni di Georges Picquart, capo del controspionaggio. Questi, dopo aver assistito alla condanna di Alfred Dreyfus (Garrel) come spia, si rende conto che le fughe di informazioni continuano anche dopo che il capitano è stato mandato in esilio.

Il ritmo è piuttosto lento, la fotografia anonima, ma le location sono strepitose e il film nel complesso è ben riuscito. Non sorprende più di tanto che la proiezione in sala stampa a Venezia abbia strappato minuti di applausi.

Il cast buca lo schermo, in particolare Dujardin. La riuscita nella sua performance è sicuramente merito della buona sceneggiatura seppur poco audace o rivoluzionaria rispetto a quello che è stato il fatto storico. E forse è per questo che a tratti sembra esserci un’ottica quasi da documentario e poco personale.

A colpire è soprattutto l’attualità delle tematiche affrontate: l’ingiustizia dei casi giudiziari, il razzismo, il pressappochismo, la sete di potere, inganni e corruzione, la rigidità di alcune gerarchie… La storia si svolge a fine Ottocento eppure il pubblico trova diversi punti di contatto con il presente.

Polanski non è Zola, e probabilmente non ha nemmeno la pretesa di esserlo, eppure il suo J’accuse ha una nota polemica e politica. Una nota, purtroppo, poco accentuata, che non graffia e non lascia il segno ma almeno fa riflettere.

 

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