“L’uomo dal cuore di ferro”: quando l’essere umano perde l’umanità

Il film di Cédric Jimenez, con un grande Jason Clarke, ha un buon ritmo ma spreca un'occasione

Un film di Cédric Jimenez. Con Jason Clarke, Rosamund Pike, Mia Wasikowska, Jack O’Connell,  Jack Reynor. Thriller, 119′. Francia, USA, Gran Bretagna, Belgio 2017

Da un’espulsione con infamia dalla Marina tedesca in breve tempo Reinhard Heydrichpassa alla nomina, da parte di Heinrich Himmler, quale responsabile dell’Intelligence delle SS ancor prima che Hitler divenga Cancelliere del Reich. Nominato a guerra iniziata Protettore di Boemia e Moravia si provvederà a pianificare la Soluzione finale nei confronti degli ebrei. A occuparsi di lui nel 1942 saranno due giovani soldati: Jan Kubis (ceco) e Jozef Gabcik (slovacco) che, dopo un addestramento a Londra, hanno l’incarico di compiere una missione mai tentata fino ad allora. Devono eliminare un esponente delle alte sfere del potere nazista: Reinhard Heydrich.

 

Siamo nel 1942 e il Terzo Reich è al suo apice. La resistenza ceca a Londra progetta l’operazione militare più ambiziosa della Seconda Guerra Mondiale: Anthropoid. Due reclute poco più che ventenni, Jozef Gabcik e Jan Kubis, vengono mandate a Praga per assassinare il protettore del Reich Reinhard Heydrich, capo delle SS, della Gestapo e architetto della “Soluzione finale”.

Heydrich fu la mente dietro il progetto denominato per esteso “Soluzione finale della questione ebraica”, progetto che dopo la sua morte portò alla costruzione dei campi di concentramento.

“L’uomo dal cuore di ferro”, tratto dal libro di Laurent Binet “HHhH”, riporta una biografia romanzata, ma comunque molto cruda, di Heydrich. Interpretato da un Jason Clarke in stato di grazia, il gerarca nazista è dipinto dapprima come un amorevole marito e padre, in un climax che lo porta poi a compiere e progettare atrocità terribili.

Diviso in due labili parti, però, il film esplora anche il versante della “Resistenza”, pronta a tutto per fermare lui e l’avanzata di Hitler. Fu proprio il Fuhrer a soprannominarlo, con grande orgoglio, “l’uomo dal cuore di ferro”.

Il film di Cédric Jimenez alterna gli eventi storici a momenti più intimi ed emozionali. Il ritmo è, inizialmente, molto lento nella parte dedicata alla figura di Heydrich e, invece, molto cadenzato e cinematografico in quella che riguarda Anthropoid, che risulta quella più emozionante e, paradossalmente, anche più interessante.

Sì perché nonostante la bravura di Clarke – che ha al fianco una non meno convincente Rosamund Pike nel ruolo della moglie Lina – si è sprecata l’occasione di raccontare a dovere un mostro e le sue mostruosità, di proporre un punto di vista sgradevole e sgradito con coraggio e originalità.

A parziale discolpa del film e degli sceneggiatori va detto che non è facile rendere un Cattivo con la C maiuscola un protagonista “gradito”, portare il pubblico a provare per lui una qualche forma di empatia, ancor meno se questo personaggio non è inventato ma realmente esistito. Eppure una maggiore esplorazione di Heydrich sarebbe stata positiva.

“L’uomo dal cuore di ferro” è un buon film, che rende giustizia al libro da cui è tratto e ha dalla sua un ritmo sostenuto, almeno in alcune parti. È vero, spreca un’occasione per elevarsi al di sopra del buono e diventare ottimo, ma comunque non lascia insoddisfatti.

 

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Sofia Peroni
Classe 1996, marchigiana d’origine, studia comunicazione a Roma e ha trovato il modo di coniugare la passione per il cinema e quella per la scrittura... Come? Scrivendo sul e per il cinema dal 2015. Ha all'attivo diverse esperienze sul set, con registi del calibro di Matteo Garrone, e sogna un giorno di veder realizzato il suo film.

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