“La cena segreta”: recensione del romanzo storico di Javier Sierra

A quindici anni dalla prima pubblicazione, DeA ripropone la storia di Leonardo e del suo "Cenacolo"

Uno dei romanzi storici “classici” più bello che abbia letto negli ultimi anni,La cena segreta” di Javier Sierra, uscito per la prima volta nel 2004 e riproposto da DeA in una nuova edizione ampliata e arricchita da preziose immagini, riesce a portare letteralmente il lettore indietro nel tempo. Senza bisogno di grandi artifici, ma semplicemente attraverso il racconto.

Oggi il romanzo storico soffre di frequenti forme di ibridazione – penso soltanto ai libri dalla forte componente romance, come quelli di Philippa Gregory. È bello, per una volta, leggere un libro che sia semplicemente questo: il racconto preciso e puntuale di un periodo storico e di eventi avvenuti nel passato, portato avanti con uno stile piano, “giusto”, che non ha bisogno di chissà quale artificio per coinvolgere chi legge. Perché la magia del racconto basta e avanza.

Gennaio 1497. L’arrivo di alcune lettere anonime contenenti inquietanti insinuazioni getta la corte di papa Alessandro VI nello scompiglio. A Milano, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, Leonardo da Vinci starebbe ultimando la realizzazione di un’opera dal contenuto blasfemo se non addirittura diabolico. L’affresco dell’Ultima cena, infatti, presenta anomalie a dir poco sconcertanti: sul capo di Cristo e degli apostoli non vi è traccia di aureola; sulla tavola non si vedono il pane e il vino dell’Eucarestia; e come se non bastasse l’artista ha avuto l’ardire di ritrarre se stesso nell’atto di dare le spalle a Gesù.

Padre Agostino Leyre, inquisitore domenicano esperto nell’arte di interpretare messaggi cifrati, viene inviato d’urgenza nella città lombarda con il compito di fare chiarezza e di scoprire cosa abbia spinto il maestro toscano a stravolgere il testo biblico e a disattendere le aspettative dei committenti. E se Da Vinci fosse un eretico? Mentre una serie di efferati delitti semina il panico dentro e fuori le mura di Santa Maria delle Grazie, con il procedere delle indagini appare sempre più chiaro che l’Ultima cena nasconde un messaggio capace di sfidare i fondamenti stessi della dottrina cristiana.

Se da una parte la figura di Padre Agostino e del misterioso informatore mi hanno riportato alla mente i dolci ricordi legati alla lettura di “Q” di Wu Ming – uno dei miei libri preferiti in assoluto -, l’ambientazione di parte della storia con il convento, i monaci e i delitti non possono non far pensare al “Nome della rosa” di Umberto Eco.

E nonostante questi illustri parallelismi, “La cena segreta” possiede una sua bellezza intrinseca, a cui contribuiscono anche il ritmo sostenuto del racconto e i personaggi, ben delineati ma soprattutto credibili e adatti all’epoca in cui si muovono. Non c’è spazio per l’approssimazione, nel romanzo di Sierra. Tutto è calibrato, tutto è delineato con attenzione.

Alla fine resta nel lettore la sensazione di forte di aver preso parte a una grande avventura, non solo storica ma artistica ed esistenziale. E di aver potuto condividere, fosse solo per qualche ora, il genio creativo e la misticità di Leonardo da Vinci. Chapeau.

 

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