“La chimera di Praga”: recensione del romanzo di Laini Taylor

A 10 anni dalla prima uscita, la trilogia torna in libreria per Fazi in una nuova veste grafica

Avevo grandi aspettative su La chimera di Praga” di Laini Taylor, che Fazi editore ha riportato in libreria il 20 aprile, a 10 anni dalla prima pubblicazione, in una nuova veste grafica – che vale il prezzo del biglietto già solo per le tre copertine, veramente incantevoli.

Grandi aspettative, dicevo, ma anche grandi timori – gli altri due romanzi dell’autrice che ho letto, “Il sognatore” e “La musa degli incubi”, infatti, mi avevano convinta a tratti, per il loro essere un po’ troppo cervellotici e complessi.

Un amore contrastato alla Romeo e Giulietta, creature mitologiche in guerra da secoli, ambientazioni variegate… gli elementi per un grande fantasy c’erano tutti. La Taylor sarebbe stata capace di gestirli al meglio, e magari di farlo con uno stile godibile? 

Karou ha diciassette anni, è una studentessa d’arte e per le strade di Praga, la città in cui vive, non passa inosservata: i suoi capelli sono di un naturale blu elettrico, la sua pelle è ricoperta da un’intrigante filigrana di tatuaggi, parla più di venti lingue e riempie il suo album da disegno di assurde storie di mostri.

Spesso scompare per giorni, ma nessuno sospetta che quelle assenze nascondano un oscuro segreto. Figlia adottiva di Sulphurus, il demone chimera, la ragazza attraversa porte magiche disseminate per il mondo per scovare i macabri ingredienti dei riti di Sulphurus: i denti di ogni razza umana e animale.

Ma quando Karou scorge il nero marchio di una mano impresso su una di quelle porte, comprende che qualcosa di enorme e pericoloso sta accadendo e che tutto il suo universo, scisso tra l’esistenza umana e quella tra le chimere, è minacciato. Ciò che si sta scatenando è il culmine di una guerra millenaria tra gli angeli e le chimere, creature orride e grottesche solo nell’aspetto esteriore. Nel disperato tentativo di aiutare la sua “famiglia”, Karou si scontra con la terribile bellezza di Akiva, il serafino che per amore le risparmierà la vita.

Come vi ho anticipato, su questo libro partivo curiosa ma anche lievemente prevenuta… e niente, dopo averlo letto posso dire che l’ho trovato bellissimo – e che ho fatto carte false per procurarmi gli altri due capitoli della trilogia, non solo in formato digitale, per poterli portare con me in vacanza. 

La chimera di Praga” è un fantasy dalle ambientazioni incredibili, che mescola mitologie antiche con spunti urban e contemporanei. Nonostante la multiformità del suo immaginario, ho trovato che la Taylor sia stata molto brava a gestire gli elementi, dando vita a una storia scorrevole, emozionante ma mai fuori fuoco. Si passa dai vicoli di una Praga “normale” ai cieli di un mondo altro, e nonostante questo c’è grande coerenza. 

Certo, questo primo capitolo della trilogia è piuttosto introduttivo, nel senso che di azione vera e propria non è che proprio ne vediamo tantissima. O meglio, dell’azione c’è, ma è ambientata nel passato, riguarda la vita di Akiva e il suo incontro con la chimera Madrigal. Per il resto, Karou viene tagliata fuori dal mondo che ha sempre conosciuto e si mette alla ricerca della sua famiglia… ma fino all’ultimo non la vediamo neppure partire.

Ci si sente come sull’orlo di un precipizio: le cose stanno per mettersi in moto, i segreti per essere svelati (alcuni, in effetti, vengono svelati già in questo libro), ma per l’effettivo movimento bisogna aspettare il secondo libro, “La città di sabbia“.

Nonostante la presenza dei classici elementi del teen drama, non ho trovato neppure il rapporto tra Karou e Akiva così melenso o banale, come invece hanno sottolineato altri lettori online. Certo, la storia è sempre quella – lui si innamora di lei, lei si innamora di lui – ma alla fine l’amore quello è, non è che ci possano essere grandissime variazioni sul tema. Ma c’è qualcosa nello stile della Taylor qui, un modo schietto e potente di raccontare le cose, che finiscono per conquistarti e farti piacere tutto. Per me, almeno, è stato così. 

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