“La figlia oscura”: un dramma psicologico ipnotico e ambizioso

L'opera prima di Maggie Gyllenhaal adatta, bene, il romanzo omonimo di Elena Ferrante

Un film di Maggie Gyllenhaal. Con Jessie Buckley, Olivia Colman, Dakota Johnson, Peter Sarsgaard, Paul Mescal. Drammatico, 121′. Grecia, Usa, Regno Unito, Israele 2021

Leda Caruso è una docente universitaria americana di letteratura italiana, in vacanza presso una località di mare vicino a Corinto. Sulla spiaggia dove si reca ogni giorno arriva come un uragano una numerosa e rumorosa famiglia di Queens che ha origini greche e probabilmente qualche legame con la malavita organizzata. Dopo la reazione di fastidio iniziale, Leda comincia ad osservare con interesse Nina, la giovane madre che fa parte del gruppo degli “invasori”, e il rapporto fra Nina e la sua bambina riporta alla memoria della docente la propria relazione con le due figlie, ormai ventenni, quando erano ancora piccole. Una relazione complessa e per certi versi conflittuale che è venuta inevitabilmente a cozzare con il legittimo desiderio di Leda, brillante linguista, di avere una carriera nel mondo dell’accademia.

 

Adattamento del romanzo omonimo di Elena Ferrante, “La figlia oscura” (The Lost Daughter) è un film sulla maternità, dove vengono messi a nudo l’esasperazione e anche il dolore che comporta crescere due bambine senza rinunciare per questo ai propri sogni e alle proprie aspirazioni.

L’attrice Maggie Gyllenhaal, alla prima esperienza dietro la macchina da presa, riesce a catturare ogni emozione ed elemento senza mai esagerare, lasciando spazio di manovra ad ogni personaggio e alla loro evoluzione.

Quella della Gyllenhaal è una regia schietta, delicata, ricca di sfumature, che riesce ad andare oltre il materiale di partenza e a renderlo personale e avvolgente. La regista modula l’atmosfera con grande abilità, facendo indovinare allo spettatore in che direzione vuole andare la storia e costruendo però al contempo una genuina suspense.

La direttrice della fotografia, Hélène Louvart, contribuisce con i suoi primi piani indagatori a creare un’atmosfera intima. E il racconto si muove in modo fluido avanti e indietro, tra il presente e il passato di Leda Caruso, docente universitaria americana in vacanza in Grecia. 

Olivia Colman dimostra ancora una volta tutta la sua versatilità, recitando in un modo nuovo. La sua Leda alterna momenti di pura dolcezza ad altri eccessivi, ossessivi, quasi psicotici. La sua sensualità liberata si scontra con emozioni come il rimorso e il senso di colpa.

D’altra parte non è semplice, ieri come oggi e nonostante tutti i passi avanti compiuti dal “femminismo”, accettare – prima ancora di far accettare agli altri – di voler essere altro oltre a una madre. Di avere il diritto sacrosanto, di essere altro. 

“La figlia oscura” è un dramma psicologico ipnotico e ambizioso. Un’opera prima di tutto rispetto, ricca di tensione, complessa, dalla struttura articolata. Forse alla fine non tutti i nodi vengono al pettine, e si ha la sensazione che qualche discorso si sia perso per strada, ma il film affronta comunque in modo coraggioso argomenti – ancora e purtroppo – tabù. 

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