“La pietra lunare di Satapur”: recensione del libro di Sujata Massey

Neri Pozza pubblica la seconda indagine di Perveen Misrty, avvocatessa nell'India di inizio Novecento

Dopo “Le vedove di Malabar Hill”, uscito nel 2018, tornano Sujata Massey e la sua protagonista, l’avvocatessa indiana Perveen Mistry, per il secondo romanzo della serie gialla ambientata nell’India del primo novecento, La pietra lunare di Satapur, edito da Neri Pozza.

È la stagione delle piogge nelle lussureggianti e remote montagne Sahyadri, dove si trova il principesco stato del Satapur. Una maledizione sembra tuttavia essere caduta sulla famiglia reale: il maharaja è deceduto a seguito di un’improvvisa malattia poco prima che suo figlio venisse ferito mortalmente in un tragico incidente di caccia. Lo stato è ora governato da un agente del Raj britannico per conto delle due maharani di Satapur, la regina vedova e sua nuora.

Le signore reali si trovano però in disaccordo sull’educazione del giovane principe ereditario e ritengono necessari i consigli di un avvocato. Le maharani vivono in Purdah, ovvero in rigoroso isolamento, e non possono avere contatti con gli uomini. Solo una persona può aiutarle: Perveen Mistry, l’unica donna avvocato di Bombay.

Perveen è determinata a portare la pace nella casa reale, ma non passerà troppo tempo prima che si renda conto di essere finita in una trappola: il palazzo è un luogo insidioso, in cui vanno in scena sanguinosi giochi di potere e dove si consumano atroci vendette causate da antichi risentimenti. Chi c’è realmente dietro la misteriosa maledizione che grava sul palazzo? E come potrà, Perveen, proteggere il principe ereditario?

Come già era successo con “Le vedove di Malabar Hill“, “La pietra lunare di Satapur” è un giallo storico, dove l’elemento crime e il caso da risolvere per l’avvocato Mistry, questa volta in trasferta fuori Bombay, rivestono pari importanza rispetto alla componente storica, al racconto dell’India del primo Novecento, dei suoi usi e costumi, delle sue tradizioni.

È proprio questo mix tra i generi che rende i romanzi di Sujata Massey piacevoli da leggere e a loro modo originali, adatti a un pubblico vario e trasversale. Certo, il ritmo della storia non è quello battente che piace agli appassionati dei gialli e dei thriller propriamente detti, ma piuttosto un passo lento, misurato, che lascia spazio alle descrizioni e alle riflessioni e non solo all’azione.

Personalmente amo questo tipo di romanzo, e la lettura di “La pietra lunare di Satapur” mi ha lasciato un grande desiderio di proseguire la serie. Perché anche se il “caso” di giornata è chiuso, la maledizione del principato di Satapur sventata e la successione assicurata, la storia di Perveen si fa ancora più interessante, e aperta.

 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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