“La prima notte del giudizio”: le origini dello “Sfogo” e della trilogia

Gerard McMurray dirige un prequel della celebre saga che in realtà ne è ideale derivazione

Un film di Gerard McMurray. Con Marisa Tomei, Lauren Velez, Melonie Diaz, Mo McRae, Chyna Layne. Azione, 97′. USA 2018

Gli Stati Uniti d’America sono schiacciati da crisi economica, sovrappopolazione, criminalità e miseria dilagante. Un partito di estrema destra salito al potere, i Nuovi Padri Fondatori, pensa che l’unica possibilità di risanare il Paese stia nella istituzione, con cadenza annuale, di una notte in cui ogni reato sia lecito, chiamata lo Sfogo. Il primo esperimento ha luogo a Staten Island, New York, seminando il terrore tra gli abitanti.

 

Diretto da Gerard McMurray, per la sceneggiatura di James DeMonaco, già regista della precedente trilogia, “La prima notte del giudizio” è stato concepito per spiegare le radici della teoria sociologica alla base delle precedenti pellicole – la legalizzazione, per un periodo di 12 ore, di qualsiasi crimine.

Se il primo film era un thriller claustrofobico, dove “lo Sfogo” era poco più di un pretesto narrativo, e i due sequel hanno posto un’enfasi maggiore sull’elemento politico di questo universo distopico che somiglia sinistramente al nostro, “La prima notte del giudizio”, prequel per definizione, è in realtà il risultato dell’evoluzione di questa saga.

Gerard McMurray fa salire la tensione lentamente, creando nel pubblico disagio piuttosto che panico. L’uso della videocamera portatile crea un grado di intimità con la storia e i personaggi che trascende la sceneggiatura. Anche della violenza si fa un uso, tutto sommato, calibrato.

È la politica della purificazione che fornisce tensione al film: la classe operaia nera, la classe operaia bianca, i poliziotti locali, le bande di narcotrafficanti, i mercenari e un serial killer sono contrapposti, lottano l’uno contro l’altro.

La catarsi ipotizzata dal franchise è un mito neo-freudiano: abbandonarsi agli impulsi più bassi, invece di reprimerli, non ti lascia purificato, ma piuttosto desideroso di compierne di peggiori.

 

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Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

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