“La rete di protezione”: recensione del nuovo episodio di Montalbano

Tre casi incrociati e due tematiche delicate, per una storia che non coinvolge come le precedenti

Ha ancora senso scrivere la recensione di un film, di una serie tv, di uno spettacolo teatrale (visto in streaming, naturalmente) ai tempi del Coronavirus? Ci sarà qualcuno interessato a leggerla, tra flash-mob sul balcone e paura?

Probabilmente no, ma nonostante la situazione precaria ho deciso comunque di accettare l’invito della direttora Turillazzi e parlarvi del nuovo episodio del Commissario Montalbano, “La rete di protezione”, andato in onda su Ra1. Fosse solo per regalare a me stesso qualche minuto di normalità.

Il sottoscritto ha poche certezze nella vita, una di queste è il valore letterario di Andrea Camilleri. Nessun racconto o romanzo scritto dal Maestro mi ha mai veramente deluso. Al loro interno ho sempre trovato un messaggio, uno spunto di riflessione, un’opportunità per sorridere.

Ma quando, tre anni fa, ho letto “La rete di protezione”, non ne ho avuto purtroppo un’impressione molto positiva:

Mi permetto di dire che probabilmente è l’indagine meno riuscita del commissario Montalbano. Solo sul finale, infatti, per quanto costruito in modo magistrale, si ritrovano gli elementi che hanno reso celebre la serie.

Rileggendo oggi queste mie parole mi rendo conto di quanto possano adattarsi anche all’adattamento televisivo. La puntata denota infatti criticità narrative e debolezze strutturali, e si fatica più del dovuto a entrare dentro la storia e a empatizzare con i personaggi.

“La rete di protezione” affronta due tematiche chiare e ben distinte: il bullismo a scuola e un doloroso segreto familiare tenuto nascosto per decenni. Ancora una volta passato e presente, tradizione e modernità si alternano nella sceneggiatura, ma in modo non molto equilibrato. Si tratta di una storia che procede a strappi, una storia a cui mancano leggerezza e fluidità.

I problemi sono in gran parte dovuti al fatto di aver messo insieme due tematiche poco flessibili, che separatamente avrebbero funzionato ed emozionato, ma insieme risultano  depotenziate, dispersive, a tratti persino noiose se inserite in una cornice unica.

Al di là delle mie riflessioni, “La rete di protezione” è stata premiata dal pubblico. Il successo è da una parte frutto dell’affetto che lega le persone a questi personaggi e dalla comprovata bravura del cast guidato da Luca Zingaretti, ma penso anche dal bisogno di molti italiani di allontanarsi, almeno per qualche ora, dall’angoscia del presente.

Forse in un altro momento le cose sarebbero andate diversamente. Ma anche al commissario Montalbano è concesso di perdere colpi, durante una pandemia.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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