“La scuola cattolica”: un film frammentario sul massacro del Circeo

La pellicola di Mordini ha dei limiti, ma tratta con rispetto le vittime e non spettacolarizza la violenza

Un film di Stefano Mordini. Con Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Benedetta Porcaroli, Giulio Pranno. Drammatico, 106′. Italia 2021

Che cosa sono stati gli anni Settanta in una certa città, un certo quartiere, una certa scuola? Ha provato a raccontarlo in un romanzo di oltre mille pagine Edoardo Albinati, che nel 1975 era un adolescente romano di buona famiglia e frequentava un liceo privato del quartiere Trieste, isola di privilegio in cui i genitori medio e altoborghesi “mettevano al riparo” i loro figli dal clima politico del tempo. Quell’anno alcuni ex studenti della stessa scuola avrebbero compiuto uno dei delitti più efferati della storia italiana, il massacro del Circeo, e Albinati, nel suo romanzo fiume vincitore del Premio Strega 2016, avrebbe raccontato quella mala education capace di generare mostri.

 

Èpossibile scorgere la genesi di un mostro (di un serial killer, di un maniaco, di un omicida); riscontrare nella sua famiglia, nella sua giovinezza o nell’istruzione che ha ricevuto un qualche “segnale” che avrebbe fatto presagire quello di cui sarebbe stato capace poi? Ce lo chiediamo spesso di fronte a fatti violenti di cronaca, magari quando al TG gli immancabili vicini commentano che “era una persona così per bene”. 

Tratto dal romanzo omonimo di Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega nel 2016, ma ancor prima da un fatto di cronaca che ha segnato un’intera generazione e un Paese, il nostro, “La scuola cattolica” di Stefano Mordini prova a esplorare la vita, le famiglie, l’educazione dei tre ragazzi che hanno compiuto il cosiddetto massacro del Circeo.

La notte tra il 29 e il 30 settembre 1975 Andrea Ghira, Angelo Izzo e Giovanni “Gianni” Guido e Andrea, rispettivamente di 22, 20 e 19 anni, tutti provenienti da agiate famiglie romane, attirano con l’inganno in una villa sul mare Rosaria Lopez (19 anni, barista) e Donatella Colasanti (17 anni, studentessa), le torturano, le seviziano, le stuprano per 36 ore. Rosaria muore, Donatella sopravvive (ma quello che le è successo la condizionerà per tutta la vita). 

Il massacro del Circeo rappresenta una sorta di spartiacque tra due epoche: dopo quell’episodio, infatti, in Italia la legge sulla violenza carnale cambiò; da delitto contro la morale pubblica si passò a parlare di delitto contro la persona.

Trasporre per il cinema un libro di 1.300 pagine non era sicuramente impresa facile, tanto più che l’opera si pone l’obiettivo, ambizioso, di essere un trattato sulla natura umana e non solo un romanzo. Mordini prova a maneggiare al meglio questa mole di materiale, ma il risultato è abbastanza confusionario.

“La scuola cattolica” è un film frammentario, episodico, con una narrazione poco incisiva che non approfondisce nessuno degli elementi che mette in gioco. I personaggi rimangono superficiali, lo scenario collettivo piuttosto inerte. Il regista sceglie di lasciare fuori dal racconto la scena politica, concentrandosi solo sull’educazione e la famiglia dei tre giovani criminali.

Alcune scelte narrative e stilistiche, tuttavia, sono riuscite e meritano di essere menzionate: come la grande delicatezza nel raccontare le vittime, Donatella Colasanti (Porcaroli) e Rosaria Lopez (Torchetti), e il fatto che le scene della violenza, per quanto realistiche e visivamente efficaci, siano prive di ogni tipo di spettacolarizzazione.

“La scuola cattolica”, per quanto abbia il sapore di un’opera non completamente compiuta, va apprezzato per la volontà e l’urgenza di raccontare un episodio orribile della nostra storia recente, che ha spinto al cambiamento, soprattutto della legislazione.

Ma intanto, all’uscita nelle sale, a tenere banco, più del valore artistico del film o dei temi assolutamente attuali che affronta (uno su tutti la violenza sulle donne), è il divieto di visione per gli under18 e la conseguente polemica sulla censura o presunta tale nel nostro Paese. Fatto che sa, ancora di più, di occasione persa.

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Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

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