“La veduta luminosa”: un cervellotico canto d’amore per la natura

Il film di Fabrizio Ferraro è una visione lenta, ripetitiva, fumosa, a tratti persino irritante

Un film di Fabrizio Ferraro. Con Alessandro Carlini, Catarina Wallenstein, Freddy Paul Grunert.
Drammatico, 88′. Italia, Spagna 2021

Mr. Emmer, un regista scomparso da tempo, viene ritrovato da Catarina, l’assistente di un produttore assente. I due partono in auto verso Tubinga, alla ricerca dei luoghi di Friedrich Hölderlin, in un viaggio preparatorio per un mai abbandonato progetto di film sul poeta. Ma le cose non vanno secondo i piani del produttore e durante il viaggio le ispirazioni si rivelano un ostacolo alla realizzazione di qualsiasi opera.

 

Presentato alla Berlinale 2021 nella sezione Forum, “La veduta luminosa” di Fabrizio Ferraro, purtroppo, di luminoso secondo me ha solo la parola nel titolo. Per il resto, buio pesto.

Sempre rispettando la professionalità di regista, cast e crew, il film si candida ad essere lo Spira Mirabilis di questa edizione del Festival di Berlino. La visione è infatti irritante, noiosa, ripetitiva, autoreferenziale, avrebbe messo a dura prova persino la proverbiale pazienza di Giobbe.

La sceneggiatura è fumosa, dispersiva, contraddittoria, incapace di lasciare traccia nello spettatore che, alla fine, ha la sensazione di aver visto solo un pretenzioso esercizio di stile fine a se stesso.

L’intreccio, dal canto suo, è esile, forzato, assolutamente non bisognoso di quasi un’ora e mezzo di sviluppo. In sintesi i due protagonisti appaiono corpi estranei, slegati tra loro, lasciati alla deriva.

“La veduta luminosa” dovrebbe avere, almeno nelle intenzioni, i paesaggi naturali come perno narrativo. Ma anche a volerlo vedere come la versione personale di Ferraro di “Into the wild”, il film è deludente.

La pellicola sarà trasmessa in anteprima nazionale su Rai3, sabato 6 marzo a partire da 0:05. Aspetto con ansia un vostro commento per capire se, come talvolta succede, sono io a non aver colto il senso – oppure se un senso non ce l’ha, come cantava Vasco.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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