“La versione della cameriera”: recensione del libro di Daniel Woodrell

Il primo capitolo della serie di West Table, edito da NN Editore, è una storia dura, realistica, noir

Nel 1929 in una sala da ballo di West Table, una località dei monti Ozark, in Missouri, muoiono 42 persone a causa di una tremenda esplosione. È questo il punto di partenza del libro La versione della cameriera di Daniel Woodrell, edito da NN Editore, primo capitolo della serie di West Table.

Un libro agile quanto a spessore – sono poco meno di 200 le pagine complessive – ma quanto mai denso e ricco. Per il numero di storie coinvolte, di personaggi chiamati in causa, di punti di vista e spunti e temi. Un libro che si legge tutto di un fiato, e che colpisce profondamente per il suo stile nitido, realistico, duro.

Il dodicenne Alek trascorre l’estate a West Table, Missouri, con sua nonna Alma. Vecchia, eccentrica e orgogliosa, la donna ha lavorato per cinquant’anni come cameriera per le famiglie ricche della città, allevando tre figli e sopportando un marito sempre assente.

Alma conosce molte storie, ma quella che più la ossessiona è l’esplosione della sala da ballo che nel 1929 causò la morte di quarantadue persone, tra cui l’amatissima
sorella Ruby. Nessuno ha mai scoperto com’è andata, né è mai stato trovato il responsabile: Alma è certa di sapere la verità, e la racconta ad Alek, per rendere giustizia alle vittime e donare pace a se stessa.

Quello che mi ha maggiormente colpita del romanzo di Woodrell – la cui storia “di partenza” è ispirato a un episodio realmente accaduto a West Plain, una cittadina nella contea di Howell, sempre in Missouri, nel 1928 – è il suo realismo. Attraverso la ricostruzione di Alek e il racconto di Alma quello che è stato nel passato “remoto” ma anche in anni più recenti prende letteralmente vita. Senza risparmiare niente al lettore.

Le vicende dei personaggi di “La versione della cameriera” sono crude, drammatiche, noir nel senso più vero del termine. C’è davvero poco spazio per buoni sentimenti e happy ending, tra queste pagine. Qui, a occupare il centro della scena, è soprattutto la vita vera, quella di una piccola comunità americana composta da persone normali, tremendamente imperfette.

Alma, Alek, Ruby, i Glencross, gli sfortunati ballerini di cui scopriamo via via le backstory fino a quel tragico giorno del 1929 e – per chi è sopravvissuto – anche dopo (fino al finale, inaspettato) sono voci di un romanzo corale dove, a ben vedere, non esistono colpevoli e innocenti. Perché tutti siamo colpevoli e innocenti insieme.

 

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