“Lacci”: storia di una famiglia disfunzionale, tra silenzi e ricatti

Daniele Luchetti dirige una pellicola che si svela gradualmente, e promette di dividere il pubblico

Un film di Daniele Luchetti. Con Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Giovanna Mezzogiorno. Drammatico, 100′. Italia 2020

In un passato lontano, Aldo ha tradito Vanda e abbandonato i suoi figli a Napoli. A Roma ha ricominciato con Livia, una collega e una “voce” più gentile. In mezzo due figli, Anna e Sandro, che crescono e covano un avvenire di rancori. Vanda tenta il suicidio, Aldo non cede al ricatto ma qualche anno dopo torna a casa e riannoda i lacci sciolti. Aldo e Vanda escono intatti dalla crisi ma è solo apparenza. A guardarli da vicino le crepe e le riparazioni saltano agli occhi. La débâcle è dietro l’angolo, Anna e Sandro pure.

 

Nulla è più importante della famiglia. La serenità dei figli, per un genitore, viene sopra ogni cosa. Non esiste un matrimonio totalmente felice, semmai uno capace di resistere agli alti e bassi della vita.

Famiglia, legami, sensi di colpa, sbandate e ritorni di fiamma: “Lacci” di Daniele Luchetti, film d’apertura di questa sofferta Venezia 77, non si fa mancare nulla sul piano narrativo e dei colpi di scena.

Attenzione, caro spettatore, si tratta di una pellicola destinata a dividere il pubblico e a far discutere. La stampa presente al Lido ha reagito freddamente o quasi, ritenendola solo un modesto e confuso adattamento dell’omonimo e celebre romanzo.

Personalmente imputo a Luchetti e agli altri sceneggiatori di non aver osato fino in fondo nel rappresentare l’involuzione dell’istituzione famigliare e la potenza di ipocrisia e sensi di colpa nel condizionare i legami di coppia, ieri come oggi.

La prima parte di “Lacci” funziona e scorre via in modo convincente e incisivo. Qui  osserviamo l’effetto della separazione dalle prospettive dei tre protagonisti, interpretati rispettivamente da Luigi Lo Cascio, Linda Caridi e Alba Rohrwacher.

Bisogna dire che sono i primi due a convincere, a discapito di una Rohrwacher monocorde e ripetitiva. Lo Cascio incarna magistralmente il marito stanco e annoiato dalla routine familiare e ammaliato dalla bellezza e dal sorriso disarmante di una bravissima e naturale Linda Caridi.

Quella che sembrava l’inevitabile deriva di un matrimonio rientra inaspettatamente quando Aldo si sente schiacciato dai sensi di colpa per aver abbondato i figli. La clamorosa retromarcia del protagonista ci porta nella seconda parte del film, statica e priva di vivacità, dove vediamo Aldo (Orlando) e Wanda (Morante) invecchiati e ancora insieme, almeno formalmente.

Il film svela poi la propria anima più cinica e amara nella terza e ultima parte, in cui tutti i pezzi di questo infelice puzzle familiare vengono messi al loro posto. La verità ci viene gettata in faccia in modo duro e sbrigativo, senza che gli autori abbiano previsto un adeguato approfondimento drammaturgico e psicologico per i personaggi dei figli della coppia, Sandro (Giannini) e Caterina (Mezzogiorno).

Ci piace pensare a “Lacci” come a una versione riveduta e modificata del celebre “La guerra dei Roses”, solamente che nel nostro caso i silenzi, le manipolazioni e i ricatti emotivi sono alla base di una famiglia disfunzionale ed emotivamente lontana. Ed è su questi toni che inizia la mia Venezia 77.

 

Il biglietto da acquistare per “Lacci” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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