Lettera aperta ai grandi nomi della critica cinematografica internazionale

Sui film in concorso “Il sacrificio del cervo sacro” di Yorgos Lanthimos e “Happy end” di Michele Haneke

Una scena del film “Happy end” di Michael Haneke, presentato in concorso al Festival di Cannes.

Illustri colleghi – mi permetto di chiamarvi così anche se a dividerci ci sono decenni d’esperienza oltre che il tesserino da giornalista. Voi non conoscete me, ma io conosco voi, quanto meno di nome.

Grandi firme che dalle colonne del Times, del new York Times, di Hollywood Reporter che alla vigilia del 70° Festival del cinema di Cannes avete stilato la lista dei film imperdibili e dei papabili vincitori, cosa mi dite di “Il sacrificio del cervo sacro” di Yorgos Lanthimos e “Happy end” di Michael Haneke?

Siete ancora convinti nel ribadire che possono ambire alla Palma d’oro? No perché a me, modesto cronista, dopo aver assistito alle proiezioni qualche dubbio è venuto. Qualche dubbio bello grosso.

Dall’alto della mia seppur minima esperienza ho già sperimentato come le giurie dei festival siano capaci di tutto e del contrario di tutto, eppure assegnare la sera del 28 maggio un qualsivoglia premio a una delle due pellicole sopracitate sarebbe da irresponsabili.

Perché se si predica che il cinema d’autore dovrebbe sapersi evolvere per avvicinare alle sale le masse… questa non è la strada giusta.

→ IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO

 

HAPPY END

Un film di Michael Haneke. Con Isabelle Huppert, Mathieu Kassovitz, Jean-Louis Trintignant, Fantine Harduin, Dominique Besnehard. Drammatico, 110’. Francia, 2017

Il cast del film “Happy end” a Cannes.

Uno dei grandi favoriti del concorso ufficiale Michael Haneke, invece, con il suo “Happy end” – definito dai critici una sorta di sequel dell’acclamato “Amour” (Oscar come miglior film straniero e Palma d’oro nel 2012) – decide di continuare a raccontarci la sua famiglia borghese, ormai disgregata, cinica, anaffettiva, egoista, senza morale né passioni.

A dominare, la noia.

Lo spettatore si trova davanti un film dove non succede nulla di rilevante per oltre un’ora, né sul piano dell’azione né su quello delle emozioni, segno evidente che il regista austriaco probabilmente non aveva nulla di nuovo da aggiungere sull’argomento.

La scelta di affidarsi a un cast di talento ed esperienza guidato da Isabelle Huppert e Jean-Luois Trintignant non riesce a riempire il vuoto drammaturgico di “Happy end”.

Quando, dopo un’ora di supplizio, anche il più incallito fan del Maestro o ha abbandonato la sala o si è lasciato vincere da Morfeo, ecco che nell’ultima mezz’ora il film si accende, conquistando i pochi spettatori ancora svegli e scuotendo gli altri dal torpore.

Il merito di questa scossa si deve alla giovanissima Fantine Harduin che interpreta Eve, la più giovane della famiglia Laurent, figlia dell’eterno fedifrago Thomas (Kassovitz) e nipote dell’acido e incupito patriarca George (Trintignant).

La ragazza instaura con il nonno un rapporto sincero quanto amaro e cupo. I dialoghi tra loro sono potenti ma anche devastanti e terribili, un duro colpo per chi ancora crede nel futuro.

La scena finale è un piccolo grande capolavoro da inserire nel genere commedia nera cult.

 

I due film potrebbero meritare entrambi, con buona volontà, un biglietto omaggio (con riserva), ma da stasera la critica internazionale per il sottoscritto brilla un po’ meno.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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