Lettera aperta ai vertici della Biennale: “Una famiglia”, “M.”, “Madre!”

Tre film che spaziano dal deludente all'incomprensibile, dove si sprecano buone idee e grandi attori

Non è un vero Festival se il vostro inviato non è costretto a scrivere almeno una lettera aperta a direttori artistici, organizzatori o chi di dovere – e probabilmente i mie due o tre lettori affezionati attendono il momento dei reclami con ansia.

Poteva deludermi in questo senso la Mostra del Cinema di Venezia? Ovviamente no, cosi ecco tre pellicole di sicura ispirazione per le mie rimostranze.

Egregi Alberto Barbera e Giorgio Cosetti, anno nuovo, nuovo edizione della Biennale ma stessi, amari errori di valutazione nella selezione dei film per il Concorso generale e le Giornate degli autori.

Ho ascoltato con grande attenzione le due conferenze stampa romane di fine luglio, nelle quali avete presentato con orgoglio e convinzione il vostro programma, difendendo le vostre scelte.

Lei, dottor Barbera, per spiegare la presenza di ben quattro titoli italiani in concorso  aveva esaltato l’inaspettato del cinema italiano, splendidamente rappresentato dai titoli scelti. Io e gli altri colleghi presenti, memori della traumatica esperienza “Spira Mirabilis” di un anno fa, abbiamo preso nota incrociando le dita.

Se possibile ancora più spericolato era stato lei, delegato Cosetti, confessando che la selezione per le Giornate degli Autori era stata particolarmente difficile e discussa, ma che alla fine aveva prevalso come criterio di selezione la capacità di stupire, di lasciare il segno.

Ebbene, dopo aver assistito alle proiezioni di “Una famiglia” di Sebastiano Riso e “Madre!” di Darren Aronosky in concorso e “M” di Sara Forestier nelle Giornate, ho pensato che inaspettata e stupefacente sia stata soprattutto la mia resistenza.

Dover criticare registi giovani, alla prima esperienza in un Festival internazionale, è assai spiacevole, ma la responsabilità ricade in larga parte sui selezionatori che, sicuramente in buona fede, hanno permesso che si bruciassero con lavori mediocri questa grande possibilità.

Sebastiano Riso e Sara Forestier hanno le carte in regola per diventare in futuro nomi di spicco del panorama cinematografico, ma oggi purtroppo hanno mostrato soltanto quando ancora abbiano da imparare, prima di farcela.

 

“UNA FAMIGLIA”: GENITORIALITÀ SURROGATA NEL FILM DI RISO

Un film di Sebastiano Riso. Con Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel, Pippo Delbono, Fortunato Cerlino, Marco Leonardi. Drammatico, 119′. Italia, Francia, 2017

Data di uscita italiana: 28 settembre 2017

“Una famiglia”, secondo quanto dichiarato da Riso in conferenza stampa, dovrebbe raccontare la storia d’amore morbosa quanto intensa della coppia formata da Vincenzo (Bruel) e Maria (Ramazzotti), al contempo vittime e carnefici.

Lui è un francese da tempo trapianto in Italie, lei una romana verace. Anche se dei rispettivi passati sappiamo ben poco, si capisce subito che sono la famiglia l’uno dell’altra.

Sul piano drammaturgico e poi nella messa in scena, l’intenzione narrativo di Riso e degli altri sceneggiatori viene spazzata via dalla voglia del pubblico di capire quale sia il lavoro dei due. Immaginate lo sconcerto, quando si scopre che sono genitori surrogato, che illegalmente fanno figli per chi non può averne.

Maria però è fisicamente ed emotivamente stanca di questa “professione”, vorrebbe essere madre davvero e tenere tra le braccia un bambino che non le sarà portato via.

“Una famiglia” è la storia di un amore criminale, ispirata a fatti realmente accaduti, che fin dall’inizio risulta forzata, noiosa e fredda, nonostante la tematica delicata e attuale.

Il momento di svolta e di climax arriva solo alla fine, quando l’ultimo neonato risulta essere gravemente malato al cuore, e questo porta la coppia che ha pagato Vincenzo e Maria per realizzare il proprio sogno a porsi un grande dilemma etico ed esistenziale.

Un film che vorrebbe essere autoriale e allo stesso tempo di denuncia civile e sociale, ma che finisce per irritare lo spettatore con una messa in scena, regia e recitazione mai coinvolgente e appassionate.

Si salva dal disastro generale Matilda De Angelis, che nonostante compaia in solo tre scene, con il personaggio di Stella riesce e convincere, unendo bellezza, freschezza e buona presenza.

 

“M”: RIVISITAZIONE PROLISSA DE “LA BELLA E LA BESTIA”

Un film di Sara Forestier. Con Sara Forestier, Redouanne Harjane, Jean-Pierre Léaud. Drammatico, 100′. Francia, 2017

Dall’Italia alla Francia per parlare di “M”, sulla carta un’interessante rivisitazione della “Bella e la Bestia”, dove la prima è una studentessa con un principio di balbuzie che le impedisce una vita sociale appagante, il secondo un cuoco dai modi bruschi che nasconde la vergogna di non sapere né leggere né scrivere.

Belle e M sono due persone agli antipodi, ma basta un incontro fortuito alla fermata dell’autobus per far scattare la scintilla che porterà a un’intensa storia d’amore.

Sara Forestier firma un’opera prima prolissa e lenta nell’impostazione e nello stile, dove si tenta di osare ma si fallisce per inesperienza, anche se dietro le nubi si intravedono delle potenzialità.

La paura di esporsi, di ammettere le proprie debolezze è uno dei grandi mali della nostra società, dove l’apparenza prevale sulla sostanza. Solo affidandosi all’amore – ci suggerisce la regista – due anime deboli possono trovare la forza per superare ogni ostacolo.

Il vostro inviato, purtroppo, non avendo ancora trovato l’amore ha dovuto sorbirsi il film in solitudine.

 

“MADRE!”: UN’IDEA CERVELLOTICA DELLA CREAZIONE E DELL’AMORE

Un film di Darren Aronofsky. Con Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson. Drammatico, 120′. USA, 2017

Data di uscita italiana: 28 settembre 2017

Il primo posto sul podio di questo sciagurato triplete va sicuramente a “Madre!” di Darren Aronofsky, che ha avuto l’abilità di far fare una figura pessima a due premi Oscar come Javier Bardem e Jennifer Lawrence con l’aggravante che quest’ultima è anche la sua fidanzata.

Vorremmo definire il film una supercazzola, ma temiamo d’offendere il genio di Mario Monicelli affiancando un gioiellino come “Amici miei” a questo disastro drammaturgico, in cui l’utilizzo dell’allegoria sfocia dapprima in una visione anche divertente, poi grottesca, alla fine snervante e ridicola.

Un impianto narrativo e tecnico in cui è difficile trovare un appiglio di raziocinio e linearità. Aronofsky decide di mettere al centro della scena la sua personale e cervellotica idea della creazione, della vita e delle relazioni umane, sfruttando in modo imbarazzante i talenti a disposizione.

L’unica nota lieta è rappresentata dalla presenza di Michelle Pfeifferr che regala momenti di classe, bellezza e talento oscurando la Lawrence.

L’amore per il regista sarà anche la scintilla da cui tutto ha inizio, ma dopo aver visto “Madre!” il pubblico ha nei suoi confronti istinti tutt’altro che amorevoli.

 

Tre film che spaziano dal deludente all’incomprensibile, la cui carica di novità non sembra così forte, signori miei, da giustificarne la presenza a Venezia 74.

Parere di un umile inviato, ma le reazioni del pubblico in sala sembrano muoversi nella mia stessa direzione. E detto questo… speriamo che questa sia la sola lettera che sono costretto a scrivere per questo Festival.

Cordialmente vostro,
Vittorio

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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