“Lingua franca”: immigrazione e amore in un racconto malinconico

Isabel Sandoval dirige una pellicola con buone potenzialità, che però si perde nella realizzazione

Un film di Isabel Sandoval. Con Eamon Farren, Lev Gorn, Lynn Cohen, Mark Nelson, Shiloh Verrico, P.J., Boudousque. Drammatico, 89′. USA, Filippine 2019

Olivia, un’immigrata filippina senza documenti con il terrore di essere rimpatriata, lavora come badante per un’anziana ebrea russa a Brighton Beach, Brooklyn. Sfumata la possibilità di sposare un americano per ottenere la carta verde, inizia una relazione con Alex, nipote dell’anziana e dipendente in un mattatoio, il quale però non sa che lei è una transgender. Quando lo scopre, Alex si sente minacciato nella sua virilità e comincia a sfruttare il timore di Olivia di essere espulsa dagli Stati Uniti per ferirla emotivamente.

 

Un immigrato clandestino, negli Stati Uniti di Donald Trump, può ancora ambire a ottenere la cittadinanza? E magari anche sognare di vivere anche una storia d’amore? E se il clandestino in questione, rea le altre cose, ha anche scelto di cambiare sesso?

“Lingua franca” di Isabel Sandoval, presentato in concorso alle Giornate degli autori di Venezia 2019, è il malinconico e toccante racconto del limbo esistenziale e giuridico in cui Olivia, badante filippina, è costretta a vivere nonostante sia una grande lavoratrice e una persona seria.

Da una parte, la regista prende posizione contro le politiche razziste e anti-immigrazione dell’attuale presidenza, che hanno scatenato ondate d’odio nel Paese; dall’altra firma un’opera che parla della voglia, comune a tutti, di trovare qualcuno che ci ami per ciò che siamo.

Nonostante le buone premesse, “Lingua franca” è un film riuscito solo in parte, a cui mancano il coraggio e la forza di spingersi fino in fondo su almeno una delle tematiche affrontate e che lascia nel pubblico una fastidiosa sensazione di superficialità e approssimazione.

Il personaggio dell’anziana ebrea russa avrebbe meritato maggiore spazio, invece, dopo un notevole inizio, scompare inspiegabilmente nelle pieghe della sceneggiatura. Stessa sorte capita all’amica del cuore della protagonista. La Sandoval, prediligendo un taglio romantico e la storia tra Olivia e Alex, finisce per banalizzare tutto il resto.

La speranza è che, quanto meno, “Lingua franca” ricordi allo spettatore medio che dietro l’etichetta di “immigrato clandestino” si nascondono vite e situazioni differenti, che meritano di essere conosciute.

 

Il biglietto da acquistare per “Lingua franca” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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