“Lo specchio e la luce”: recensione del romanzo di Hilary Mantel

La parabola di Cromwell si compie nel terzo capitolo della Trilogia di Wolf Hall edita da Fazi

Dopo oltre sette lunghi anni di attesa (era il marzo 2013 quando Fazi editore pubblicò in Italia il romanzo “Anna Bolena, una questione di famiglia“), la Trilogia di Wolf Hall di Hilary Mantel si chiude anche nel nostro Paese, con l’uscita di Lo specchio e la luce.

Inghilterra, maggio 1536. Thomas Cromwell assiste alla decapitazione di Anna Bolena. Quindi banchetta con i vincitori, deciso a continuare la sua scalata al potere. I tempi sono difficili, ma l’astuzia e la tenacia di Cromwell riescono a ristabilire l’ordine, e Enrico VIII premia il suo Segretario di Stato con la nomina a Cavaliere dell’Ordine della giarrettiera.

Pur cominciando ad avvertire il peso degli anni, il re è felice. La sua nuova sposa – mite, riservata e malinconica – è l’opposto della precedente, e finalmente riesce a dargli l’agognato erede. Anche la famiglia Cromwell ha le sue soddisfazioni: Gregory, il primogenito, convola a nozze con la sorella della regina, e il Lord Custode scopre di avere un’altra figlia, nata e cresciuta ad Anversa.

Ma le gioie non durano a lungo. Jane Seymour muore di lì a poco, in conseguenza del parto. Per quanto afflitto, il re ha bisogno di una nuova sposa. Cromwell si rimette all’opera e, dopo estenuanti trattative, la scelta cade sulla duchessa Anna di Clèves. Ma il matrimonio si rivela un fallimento, i nemici aspettano Cromwell al varco, e la sua stella comincia a declinare…

Sulla trilogia della Mantel la stampa di mezzo mondo ha già espresso giudizi a dir poco entusiastici, che si spingono fino a definirla una delle migliori opere – se non la migliore! – della narrativa inglese del XXI secolo.

Io non arriverò a tanto – alla fine siamo solo nel 2020 e a meno che il Covid non chiuda i conti prima del tempo è un po’ prematuro esprimersi per assoluti quando ancora ci sono anni e anni di libri da scrivere, pubblicare e leggere – ma mi limiterò a dirvi perché, secondo me, “Lo specchio e la luce” e in generale i tre romanzi della Mantel meritano di essere letti.

Cosa li rende diversi e “migliori” delle altre decine di libri che raccontano il regno di Enrico VIII, la fine di Anna Bolena, l’ascesa e la caduta di questo e quel personaggio? Per me, il fatto di essere impegnativi. Ebbene sì: “Lo specchio e la luce” non è un libro da leggere senza prestargli attenzione, con un occhio solo mentre state facendo qualcos’altro. “Lo specchio e la luce” richiede che la vostra mente sia ben focalizzata sulla pagina – o sullo schermo -, sulle parole che avete davanti. Perché queste parole sono dense di significato, le frasi ricche e per certi versi difficili.

Per qualcuno potrebbe risultare un difetto, ma personalmente, di tanto in tanto, mi piace avere davanti un romanzo che sia “pesante”, che metta alla prova la mia capacità di concentrazione, che mi spinga a farmi assorbire al 100%, altrimenti mi perderei qualcosa di fondamentale. Ecco, per me “Lo specchio e la luce” è uno di questi romanzi.

Al di là della storia – nota – che racconta e del punto di vista – particolare e unico – che sceglie per raccontarla, quello che mi rimane di questo libro e di questa trilogia è la sua musicalità, il suo dettato importante. Lo sforzo – sì, voglio chiamarlo col suo nome! – che ho fatto per arrivare alla fine senza perdermi. Perché quando arrivi all’ultima pagina sei consapevole della strada che hai fatto per essere lì. E sai che ne è valsa la pena.

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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