“Logan – The Wolverine”: un western crepuscolare che lascia il segno

Epilogo per la saga di uno dei supereroi più amati di sempre, tra paesaggi desolati e invecchiamento

Un film di James Mangold. Con Hugh Jackman, Elizabeth Rodriguez, Patrick Stewart, Boyd Holbrook, Stephen Merchant, Richard E. Grant, Eriq La Salle, Dafne Keen, Elise Neal. Azione, 135′. 2017

El Paso, 2029. Sono 25 anni che non nascono più mutanti e quelli che sono sopravvissuti sono degli emarginati, in via di estinzione. Logan/Wolverine vive facendo lo chaffeur e la sua capacità di rigenerazione non funziona più come un tempo, mentre il Professor X ha novant’anni e il controllo dei suoi poteri psichici è sempre meno sicuro. Quando una donna messicana cerca Logan per presentargli una bambina misteriosa di nome Laura, nuove attenzioni e nuovi guai cominciano a raggiungere i mutanti.

 

Alzi la mano chi è stufo di vedere film sui supereroi, sui loro incredibili potere, sulle loro straordinarie avventure. Siete tanti, vero? Allora, cari amici lettori, “Logan” di James Mangold, terzo atto dello spin off dedicato al personaggio di Wolverine degli X-Men, è, a sorpresa, il film adatto a voi.

Presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Berlino, ha spiazzato e conquistato la critica mondiale, rivelandosi molto lontano, per struttura, stile registico e soprattutto impianto drammaturgico, dal classico e ripetitivo blockbuster Marvel.

Già lo scorso autunno “Doctor Strange” di Scott Derrickson aveva segnato un cambio di passo per ciò che riguarda i film sui supereroi, portando lo spettatore in un’atmosfera più esoterica, mentale e concettuale, e facendo intravedere l’inizio di una nuova fase narrativa nel genere.

“Logan”, paradossalmente, incanta e conquista proprio perché non ha nulla di eroico e magico, ma accende le luci sull’uomo dietro Wolverine, sul suo declino fisico e morale. Lo spettatore si prepari a un’atmosfera crepuscolare, cupa, quasi nichilista, in un futuro – anno 2029 – in cui gli X-Men sono quasi estinti.

Un film esistenzialista, umano, toccante, poetico nel mostrare i rapporti che uniscono i diversi personaggi, in modo particolare quello tra padre e figlio. E al contempo è cruento, sanguinario, destabilizzante nelle scene di lotta in cui allo spettatore non viene risparmiato nulla.

Hug Jackman e Patrick Stewart formano una coppia artistica perfetta, affiatata e in sintonia. I rispettivi personaggi hanno cuore, anima e corpo, si dimostrano grandi nel loro non essere più perfetti e potenti. Due interpretazioni degne di menzione, anche per gli Oscar dell’anno prossimo.

L’esordio cinematografico di Dafne Keen è altrettanto dirompente. Quanto a carisma, personalità e intensità scenica la giovane attrice non ha niente da invidiare a colleghe di maggiore esperienza, e i suoi silenzi e i suoi sguardi sono talvolta più d’impatto delle parole.

“Logan” è un film potente, con pochi e incisivi dialoghi, che cattura ed emoziona nonostante un ritmo non sempre incalzante e qualche scena superflua. La regia di James Mangold è acuta, sensibile, ispirata, abile nel raccontare il declino di un eroe esaltandone la parte più intima e personale.

È la parola fine per il personaggio di Wolverine sul grande schermo? Il finale intenso e drammatico della pellicola sembra dire di sì, ma qualunque sia il futuro dell’eroe, lo spettatore non potrà non amarlo ancora di più, dopo questo imperdibile terzo episodio, con il suo essere terribilmente umano.

 

Il biglietto da acquistare per “Logan” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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