“Madame le commissaire e la morte del capo della polizia”: recensione

Il terzo romanzo della serie di gialli provenzali di Pierre Martin è edito da Beat

Chi ha detto che il clima autunnale (qui a Londra, novembre è iniziato con tinte nettamente grigie e piovose!) deve necessariamente guastarci l’umore? Basta trovare il libro giusto, per respirare di nuovo l’aria di mare, la brezza e il sole. 

Madame le commissaire e la morte del capo della polizia di Pierre Martin, uscito per Beat l’11 ottobre, terzo volume della serie di gialli provenzali con protagonista il commissario Isabelle Bonnet e il suo assistente Jacobert Apollinaire Eustache, ci trasporta infatti nell’affascinante paesaggio della Costa Azzurra, fra lusso, omicidi e mondanità.

Fragolin, paesino nel dipartimento del Var, sulla Costa Azzurra, ha tutto quanto si possa desiderare: il frinire delle cicale, il profumo di lavanda, il blu dell’oceano al di là delle dolci colline immerse in una luce argentina. Isabelle Bonnet, però, ex capo della squadra antiterrorismo di Parigi e ora Madame le commissaire, non può godersi niente di tutto ciò.

La morte del capo della polizia di Tolone, Bastian, un suicidio apparentemente inspiegabile, è l’ennesimo caso che si riversa sulla sua scrivania, peraltro già parecchio ingombra delle carte di un delitto avvenuto diversi anni prima in una gioielleria sulla Croisette di Cannes. Nonostante fra lei e Bastian non sia mai corso buon sangue, Isabelle non può rifiutarsi di indagare, anche se non si tratta di uno dei suoi “cold case”. L’ordine le arriva da Maurice Balancourt, ministro dell’Interno nonché l’unico al mondo a poterla chiamare “chérie”.

Il caso, tuttavia, non è certo di quelli destinati ad attirarle le simpatie della polizia di Tolone, e diventa ancora più delicato quando Isabelle scopre nel passato di Bastian la presenza di un’attrice dai trascorsi non proprio cristallini. Per sciogliere l’intrico, a Isabelle e al suo eccentrico sous-brigadier Apollinaire non resta che investigare nel sottobosco della buona società locale e nella zona d’ombra, quella che non emerge dalle cronache, della criminalità organizzata…

Se c’è una cosa che fin dal primo romanzo della serie (“Madame le commissaire e l’inglese scomparsondr) ho riconosciuto a Pierre Martin è la capacità di trasportare letteralmente il lettore nei luoghi che descrive, di farlo sentire come se si trovasse al fianco di Isabelle, tra i colori, gli odori e i suoni della Costa Azzurra. Questo terzo libro non fa eccezione!

Oltre alla ormai familiare Fragolin, questa volta la protagonista si sposta nella lussuosa e modaiola Cannes, sia in servizio che in “libera uscita”, e in altre località nei paraggi, così che l’ambientazione è, se possibile, ancora più ricca e variegata.

Le indagini, come avrete letto nella sinossi, sono due. Uno è il classico “cold case” in cui Isabelle e Apollinaire sono ormai specializzati, la rapina a una gioielliera dove sono morte due persone, alcuni anni prima. L’altro, invece, ha una natura alquanto particolare. Le commissaire deve infatti indagare sulla morte del capo della polizia di Tolone, Bastian, che sembra essersi suicidato. Nel farlo, manco a dirlo, scoprirà molto di più di quello che i colleghi si aspetterebbero.

Se la componente gialla della storia è ben strutturata, intrigante, capace di tenere col fiato sospeso e regalare diversi colpi di scena, ancora una volta è il personaggio di Isabelle, la sua caratterizzazione, che mi hanno lasciata un po’ perplessa.

Da un lato, la protagonista è una sorta di Wonder Woman, che può anche aver lasciato il lavoro in prima linea a Parigi ferita nell’animo e nel corpo ma è ancora capace di atterrare un armadio di buttafuori russo in un nano-secondo – vi sembra un po’ improbabile? Eccessivo? Non siete i soli. Dall’altro, quando si parla della sua vita privata, Isabelle ragione e agisce come una ragazzina, e (purtroppo) non sempre questo va inteso come un complimento… 

Al netto di qualche eccesso nella caratterizzazione dei personaggi e di qualche scivolone qua e là, “Madame le commissaire e la morte del capo della polizia” è un romanzo piacevole da leggere e scorrevole. Diciamo che dà il meglio di sé se lo si guarda solo dal versante giallo/thriller, senza aspettarsi di trovare la stessa completezza e forza in quello sentimentale. 

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