“Magari domani resto”: Lorenzo Marone torna in libreria e si racconta

Le più belle presentazioni di libri, secondo me, sono quelle che si trasformano in chiacchierate tra amici. Ed è stata proprio questa la sensazione che mi sono portata a casa dopo aver incontrato Lorenzo Marone alla fondazione Feltrinelli di Milano, venerdì, per parlare di “Magari domani resto“.

Un drink, un libro sul tavolo, una storia da raccontare. La storia di Luce, una tipa che mi ha conquistata subito perché un po’ mi assomiglia e un po’ è la donna che vorrei essere: forte, coraggiosa, talvolta burbera nei modi, sicura di sé. Insomma, una donna con gli attributi che prende a schiaffi la vita, perché la vita l’ha presa a schiaffi.

Una trentenne che vive a Napoli, nei Quartieri Spagnoli e fa l’avvocato. Ed è proprio quando le viene affidata una causa di affidamento che le cose per lei cambiano. E si trova davanti un dubbio: andarsene, come hanno fatto il padre, il fratello, tanti altri, o magari restare?

Andare o restare, insomma? Bella domanda. Lorenzo Marone ha scelto di restare, e quando viaggia per lavoro, come gli capita in questi giorni che è in giro per l’Italia a presentare il nuovo romanzo, la sua Napoli la porta appesa al collo, in un ciondolo che rimanda alla forma del Vesuvio.

“Quando sto per rientrare nella mia città, mi sento veramente a casa solo quando dal finestrino intravedo quelle due gobbe” dichiara l’autore.

Marone Napoli la vive giorno dopo giorno, come Luce, e ne conosce luci e ombre. “Napoli è Gomorra – racconta – ma non è solo quello. In questo libro io voglio raccontare proprio quella parte di mezzo della mia città che non fa notizia, quella gente per bene che combatte ogni giorno”.

La sua protagonista, Luce, è sicuramente combattiva. Non si è lasciata abbattere da un padre scomparso, da un uomo che l’ha presa in giro, da un lavoro che non la gratifica. Tira avanti, come tanta gente.

Una donna raccontata dalla penna di un uomo, mica roba semplice eh!

“Per questo libro cercavo un personaggio forte e grintoso, quindi non poteva che essere una donna. Non è una ruffianata ma la semplice verità: le donne sono più forti degli uomini sotto molti aspetti, è un dato di fatto”.

Continua Marone: “Volevo anche scrivere un romanzo che non fosse autobiografico come il secondo (La tristezza ha il sonno leggero, ndr) e Luce è stata perfetta per questo ruolo. Avevo in testa solo lei e Napoli. La storia è nata via via che scrivevo, come mi accade sempre”.

E dato che la curiosità è femmina, mi pare il caso di chiedere: “Ma un po’ di te, in Luce, c’è?”.

“Poco, in realtà – mi risponde, – l’unica cosa che abbiamo in comune è l’avvocatura. Se fossi stata donna non credo che avrei avuto il temperamento che ha lei: ecco, da uomo, aspirerei ad essere una donna come Luce”.

E poi c’è Napoli, che non è solo una città, che non è solo il contesto della storia. È anche un po’ personaggio perché Lei è così: è una di quelle città che si sanno far raccontare, che brillano di luce propria, che ti sembra di conoscere alla perfezione anche se in realtà – come nel mio caso – non ci si è mai stati.

E “Magari domani resto” è un concentrato di Napoli, dal linguaggio che include stupende parole in dialetto alla musicalità sfumata che rimanda a Pino Daniele, fino all’umanità della “gente di lì”.

“Ci proviamo tutti a spiccare il volo, per poi, la sera, ripararci sotto le pergole dei nostri piccoli gesti quotidiani. Essere abitudinari non è così da sfigati. I bambini sono abitudinari. E i cani. Il meglio che c’è in giro”.

Già, perché Luce in questo suo percorso sarà affiancata da Alleria, il suo cane Superiore, e Kevin (da pronunciare con l’accento sulla i), il bambino che le cambierà la vita. Perché i bambini sono così: nella loro piccolezza sanno fare grandi cose.

Dato che Lorenzo Marone ha scoperto le gioie della paternità da poco tempo, è doveroso chiedere se anche la sua vita, come quella di Luce, è stata cambiata dall’arrivo di un bimbo.

“Assolutamente sì – dice, e gli occhi si illuminano – io sono un canaro sfegatato e ho un bimbo di quasi due anni: con loro ho scoperto cos’è l’Amore assoluto. Io credo che chi ha l’immensa fortuna di scoprire l’Amore assoluto diventi una persona migliore, e quando sei una persona migliore, agisci meglio e scrivi meglio. Quindi credo di sì, di essere diventato uno scrittore migliore da quando nella mia vita c’è anche mio figlio”.

Tipico dei napoletani filosofeggiare un po’, come fa notare qualcuno durante l’incontro, strappando un sincero sorriso all’autore. Ma è stato bello così, perché la presentazione di un libro si è trasformata in una semplice chiacchierata tra amici.

“A Napoli accade spesso – confida Marone – di trovarsi in piazza a conversare per mezz’ora con un perfetto sconosciuto. Questa è l’umanità che mi manca quando vado via”.

Non so se Lorenzo Marone sia stato bravo a raccontare il suo libro e a promuoversi in senso classico, ma dopo questa chiacchierata la curiosità di leggere il romanzo mi è venuta. E anche se è buona norma non farlo, anche le rondini in copertina ispirano fiducia, leggerezza, la voglia di mettersi comodi su una poltrona per farsi catturare dal folklore dei Quartieri Spagnoli e seguire giorno dopo giorno la vita di Luce. Quindi buona lettura.





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