“Manifesto”: Cate Blanchett si fa in 13 per un film che spinge alla riflessione

Julian Rosefeldt dirige una pellicola sperimentale e inconsueta nata come performance museale

di Valentino Eletti

 

Un film di Julian Rosefeldt. Con Cate Blanchett, Erika Bauer, Carl Dietrich, Marie Borkowski Foedrowitz, Ea-Ja Kim. Sperimentale, 94′. Australia, Germania, 2015.

Data di uscita italiana: 23 ottobre 2017

 

Qual è l’effetto che fa oggi, nel 2017, in un periodo che viene definito post-ideologico, leggere i manifesti politici e artistici che più hanno caratterizzato il XX secolo? Il film di Julian Rosefeldt risponde perfettamente a questa domanda. Il titolo della pellicola è, appunto, “Manifesto”, e sarà nelle sale italiane tra il 23 e il 25 ottobre.

L’interprete cardine è una poliedrica Cate Blanchett che impersona, in una pellicola di poco più di 90′, tredici personaggi, riuscendo a dare a ciascuno una sua caratterizzazione. C’è la broker finanziaria, la madre di famiglia, l’operaia, la vedova, la burattinaia. Ognuno recita – o forse sarebbe meglio dire incarna – un manifesto.

Il regista non ci rivela mai a quale movimento si lega il tal manifesto, ma alcuni sono chiaramente intuibili: surrealismo, partito comunista, futurismo. È interessante notare come i movimenti, anche se ideologicamente molto distanti, quando esprimono la propria linea programmatica tendono ad assomigliarsi tutti, e a usare delle espressioni formulari che hanno una certa ricorsività.

La totale mancanza di trama non rende “Manifesto” un film facile da vedere, ma quello che si può apprezzare è la sua fortissima componente performativa e sperimentale – non è infatti un caso che il film nasca come performance museale.

I 13 scenari e i 13 personaggi interpretati da Cate Blanchett aiutano poi lo spettatore a ricontestualizzare, spesso in modi imprevedibili ma efficaci, le parole dei manifesti, facendo anche emergere somiglianze linguistiche e similitudini con il contemporaneo che sembravano celate.

In ultimo per l’attrice australiana è un’impressionante prova di istrionismo: i personaggi che interpreta, infatti, oltre a essere diversi nei gesti e negli atteggiamenti parlano con accenti e cadenze particolari. E questo trasformismo di per sé basterebbe per consigliare di andare a vedere “Manifesto”, un film inusuale ma interessante.

 

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