“Mariti e mogli”: recensione del romanzo di Ivy Compton-Burnett

Fazi editore pubblica un libro finora inedito in Italia, un pungente e ironico dramma familiare

Se cercate un dramma domestico affilato e schietto, Mariti e mogli” di Ivy Compton-Burnett è quello che fa per voi! Fazi editore porta in libreria questo romanzo finora inedito nel nostro Paese, proseguendo con la sua opera di rilancio di una grande autrice del Novecento inglese. 

Harriet Haslam, severa madre di famiglia, è in grado di scatenare un uragano con poche parole, con un semplice gesto, con uno sguardo. La sua insofferenza verso il mondo, acuita dall’insonnia che la tormenta, spesso si tramuta in furia, nonostante la silenziosa opera di Godfrey, accomodante marito-cuscinetto.

Il più grande cruccio della donna è il futuro dei quattro figli: Matthew, il maggiore, preferirebbe darsi alla ricerca invece di iniziare la sua pratica medica; Jermyn ha assurde aspirazioni da poeta; Griselda è decisa a sposare il reverendo Bellamy, fresco di divorzio, mentre Gregory preferisce la compagnia di tre anziane signore a quella dei coetanei.

Dopo un litigio con il primogenito Harriet tenta il suicidio e viene quindi portata in un istituto, dove trascorre sei mesi. Al suo ritorno, la situazione che trova supera le sue peggiori aspettative: ognuno dei ragazzi ha fatto di testa propria e, come se non bastasse, anche il marito ha in serbo per lei una spiacevole sorpresa. È davvero troppo: Harriet non ha nessuna intenzione di restare in silenzio…

Acuta, terribilmente onesta nel raccontare gioie (non molte) e dolori della vita coniugale e familiare, capace di celare le più grandi verità dietro una presunta leggerezza: Ivy Compton-Burnett, in “Mariti e mogli” (pubblicato la prima volta nel 1931), mette in campo tutto l’arsenale che nell’arco di quasi cento anni l’ha resa tanto cara a generazioni e generazioni di lettori.

I suoi drammi “da camera” – l’azione si svolge per lo più al riparo delle mura domestiche o comunque in ambienti chiusi – ricordano al pubblico capace di prendersi il suo tempo, a quei lettori che non ricercano l’azione a tutti i costi, in quello che leggono, che una buona storia può essere fondata e costruita anche soltanto sulle parole.

Nei romanzi della Compton-Burnett, e “Mariti e mogli” non fa eccezione, la storia si sviluppa attraverso il dialogo. I personaggi parlano – con i familiari, con gli amici, con i conoscenti, usando toni e maniere da inizio Novecento, che quindi potrebbero risultarvi un po’ affettate – e in questo modo portano avanti l’azione. Ogni scambio di battute è funzionale al progetto nel suo complesso, anche quando sembra frivolo, aiuta a capire la psicologia degli interessati, la loro visione del mondo. 

In questo caso, dopo tanto parlare, nel finale succedono anche diverse cose. Ma come scoprirete leggendo, la drammaticità sta tutta nello scorrere pigro e naturale delle cose, in quella normalità fatta di incontri e dialoghi che non sembra venire turbata nemmeno da morti sospette o confessioni di presunti omicidi… E che per questo risulta ancora più pazzesca, incredibile, capace di suscitare sgomento ma anche riso. 

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