“Mektoub, My Love – Intermezzo”: quando lo scandalo sembra superfluo

La trilogia diretta da Abdellatif Kechiche non avanza di un passo ma sfianca e confonde il pubblico

Un film di Abdellatif Kechiche. Con Hafsia Herzi, Salim Kechiouche, Ophélie Baufle, Alexia Chardard, Shain Boumedine. Commedia, 240′. Francia, Italia 2019

Ophélie, Céline, Toni, Aimé, Camélia e gli altri sono ancora lì, sulla spiaggia di Sète e dentro l’estate del 1994. Davanti allo stesso mare discutono, corteggiano, amano, leggono e mangiano formaggio. Quello fresco della fattoria di Ophélie, incinta di Toni e alla vigilia del matrimonio con Clément. Toni interroga Ophélie sul loro futuro e intanto ci prova con Marie, la ragazza dell’asciugamano accanto. La sera in discoteca arriva Amin che flirta con Marie ma ha occhi solo per Ophélie, che vorrebbe posare nuda per lui e poi abortire a Parigi. Tra i fumi della vodka e le note elettroniche, le ragazze ballano e i ragazzi provano a sposarle o a portarle a letto. Amin, che si sogna sempre regista, osserva amici e cugini dal bancone del bar, prestando ascolto a chi vuole parlargli e le labbra a chi vuole baciarlo dentro il tempo sospeso di una vacanza.

 

L‘esaltazione provocata da Quentin Tarantino e dal suo “C’era una volta a Hollywood” si è placata negli ultimi giorni del Festival di Cannes. Molti giornalisti sono già rientrati alla base, rimangono solo alcuni film da vedere.

A infuocare di nuovo gli animi, ma stavolta d’indignazione, ci ha pensato “Mektoub, My Love – Intermezzo”, secondo capitolo della trilogia di Abdellatif Kechiche, aperta due anni fa da “Mektoub, My Love – Canto uno”.

Ho visto il primo film a suo tempo, alla Mostra del cinema di Venezia, e ricordo che, nonostante l’estenuante lunghezza e la povertà della trama, avevo apprezzato l’idea sperimentale. Quando è troppo, però, è troppo!

In quasi quattro ore di inquadrature dei corpi sensuali delle ragazze, di cui tre ambientate in discoteca, in questo “Intermezzo” non succede niente che faccia progredire la storia. Grazie a un paio di brevissime conversazioni si capisce che Ofélie è incinta di Tony e non sa cosa fare, visto che dopo un mese dovrebbe sposarsi con il fidanzato militare.

Tutto qui, finito. Un cortometraggio sarebbe bastato a racchiudere tutto. E se anche la scena di sesso che ha scioccato i più fosse rimasta esclusa non sarebbe stata una grande perdita. Esattamente come tutte le altre scene del film, non è funzionale ai fini narrativi, ma serve solo a… già, a cosa serve? A scioccare? A provocare? Me lo sto ancora chiedendo.

Sapendo che Abdellatif Kechiche è ben consapevole delle reazioni degli spettatori, mi chiedo quale sia lo scopo di questo intermezzo, e temo che l’ultimo capitolo della serie sarà ancora più sfiancante. Credo che la trilogia sia stata realizzata dal regista per il proprio piacere personale – pensate all’insistenza quasi ossessiva sul lato B femminile e alla disattenzione verso i corpi maschili. Ma perché sottoporlo a noi?

 

Previous article“Beautiful boy”: quando la droga annichilisce il singolo, e la famiglia
Next article“I morti non muoiono”: una commedia irresistibile che spiazza il pubblico
Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here