“Miserere”: un viaggio irresistibile prima nella solitudine, poi nell’orrore

Babis Makridis dirige un credibilissimo Yannis Drakopoulos in un film surreale, grottesco, comico

Un film di Babis Makridis. Con Makis Papadimitriou, Yannis Drakopoulos, Evi Saoulidou, Nota Tserniafski, Georgina Chryskioti. Titolo originale: Pity. Drammatico, 97′. Gracia, Polonia 2018

Un uomo singhiozza disperatamente (soddisfatto) ai piedi di un letto. Da quando la moglie è in coma, sperimenta la pietà del mondo: la torta della vicina ogni mattina, la solidarietà dell’impiegato della tintoria a ogni capo smacchiato, gli abbracci della segretaria a ogni congedo, l’affetto di un amico dopo ogni partita a racchettoni, gli incoraggiamenti del padre a ogni visita. Quel sentimento di commossa e intensa partecipazione umana lo appaga pienamente ma poi la consorte si risveglia e la vita torna a sorridergli gettandolo nello sconforto più totale. Infelice all’idea di essere felice per sempre, cova l’impulso malato di ricadere in ambasce. Per riavere di nuovo un briciolo di misericordia è disposto a tutto.

 

Provare compassione, solidarietà, empatia nei confronti di chi sta attraversando un momento difficile o piange la scomparsa di un proprio caro viene visto da un lato come un atto di umanità, dall’altro come una sorta di dovere vuoto, l’adempimento di una norma del vivere civile.

Ma cosa prova davvero chi è oggetto di queste amorevoli attenzioni? Se non fossero un peso, ma un piacere? Se trasmettessero una felicità mai provata prima cosa succederebbe nel momento in cui dovessero finire?

Babis Makridis affronta questa delicata quanto paradossale tematica firmando quella che può essere definita “Un giorno di straordinaria follia” in salsa greca. “Miserere”, presentato al TFF 2018, è una storia grottesca, surreale, comica e alla fine persino tragica, un affresco cinico quanto feroce del degrado morale ed esistenziale della nostra società.

La sceneggiatura è potente, pungente, ironica quanto spietata nel raccontare il lato più oscuro ed egoista dell’uomo.

Il funzionale e calibrato impianto drammaturgico consente allo spettatore, pur avvertendo il progressivo cambiamento emotivo e psichico del protagonista, di rimanergli sempre vicino, senza mai averne timore, anche all’approssimarsi di gesti fatali preceduti da pensieri tragicomici quanto rivelatori.

Anzi una delle cose più apprezzabili e convincenti del film è proprio quella di aver evitato la voce fuori campo per dare concretezza ai pensieri del protagonista, optando invece per una serie di cartelli da leggere, che servono anche da introduzione all’atto successivo.

“Miserere” è infatti composto da una serie di mini-atti che scandiscono questo viaggio nella solitudine prima, nell’orrore poi, portato avanti con uno stile sempre pacato e controllato, mi verrebbe quasi da dire noioso.

Il contrasto visivo ed emozionale tra l’apparente normalità dell’avvocato impegnato nel proprio lavoro, la colonna sonora, i mutevoli pensieri e le agghiaccianti quanto buffe espressioni del volto e degli occhi del bravissimo Yannis Drakopoulos rendono chiaro l’avvicinarsi della tragica conclusione.

Ma lo spettatore la vive più come una drammatica liberazione, che porta con sé la consapevolezza che a volte i mostri interiori escono fuori dalla sofferenza o dall’aver ricevuto affetto per la prima volta.

 

Il biglietto da acquistare per “Miserere” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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