“Mothering Sunday”: un dramma dei sentimenti, toccante ma frammentato

Josh O'Connor e Odessa Young nell'adattamento del racconto omonimo di Graham Swift

Un film di Eva Husson. Con Olivia Colman, Josh O’Connor, Colin Firth, Odessa Young, Glenda Jackson, Sope Dirisu. Drammatico, 110′. Gran Bretagna 2021

Inghilterra, 1924. Il Mothering Sunday è il giorno di permesso che i datori di lavoro davano alla servitù per recarsi a visitare le loro madri. Ma la giovane domestica Jane Fairchild è orfana e non può usare il giorno di riposo che le hanno offerto i suoi “padroni”, i ricchi signori Niven, per tornare a casa: il che non è un problema, perché Jane conta di passare quel giorno insieme al suo amante Paul Harrington, figlio di amici dei Niven e altrettanto benestante. Paul studia legge controvoglia e si prepara a un matrimonio di convenienza con una pari grado, ma la sua attrazione per Jane è autentica e ricambiata, benché clandestina. Anni dopo, Jane è diventata scrittrice e vive a Londra con un altro uomo, ma ripensa al passato per scrivere il suo nuovo romanzo…

 

Presentato in anteprima al Festival di Cannes lo scorso anno, e dopo anche a Londra e alla Festa del cinema di Roma, “Mothering Sunday” (uscito in Italia col titolo “Secret love”) adatta per il grande schermo il racconto omonimo dello scrittore inglese Graham Swift.

La regista francese Eva Husson, dopo il debutto promettente con “Bang Gang (A Modern Love Story)” (2015) e il meno entusiasmante “Girls Of The Sun” (2018) si cimenta con questo dramma ambientato principalmente nell’Inghilterra degli anni ’20, a ridosso della fine della Prima guerra mondiale. 

Jane Fairchild (una Odessa Young sicuramente volenterosa ma forse un po’ troppo moderna, come look e movenze, per un ruolo del genere) è un’orfana che lavora come domestica per i Niven, una delle tre grandi famiglie della zona, i cui due figli maschi sono morti nel conflitto.

La ragazza ha una relazione segreta con Paul Sheringhams (O’Connor), figlio di amici dei Niven, che a sua volta ha perso i fratelli in guerra e sta per convolare a nozze (combinate). Con lui progetta di passare il suo giorno di riposo, il “Mothering Sunday” del titolo, precisamente il 30 marzo 1924, probabilmente l’ultima giornata di libertà insieme prima che lui si sposi. 

La trama, sintetizzata in questo modo, vi ha fatto pensare a un episodio di “Downton Abbey”? In effetti, nonostante poi “l’azione” (non tantissima, lo premetto) si sposti anche oltre dieci anni dopo, quando Jane vive a Londra con un altro uomo ed è diventata una scrittrice, è intorno a quel particolare giorno di inizio primavera, alla campagna inglese e alle vite dei personaggi in quel preciso momento storico che ruota la maggior parte del film.

Che non è un brutto film, ma ha una lentezza e una frammentazione degli eventi narrati che, purtroppo, portano in gran parte a disperdere la sua forza emotiva e sentimentale. “Mothering Sunday”, senza voler banalizzare, è molto inglese: lo è nelle ambientazioni, nella recitazione, nello stile. Per questo è facile avvicinarlo ad altri prodotti in costume di successo, come la serie che ho citato sopra.

Se Odessa Young convince a tratti, Josh O’Connor – che per me rimane il principe Carlo di “The Crown”, sorry Josh! – è perfettamente a suo agio nel ruolo del ragazzo benestante che non ha visto tornare i fratelli dal fronte e quindi, per il solo fatto di essere vivo, si sente al contempo fortunato e in colpa. La sua performance è centrata, coinvolgente, riuscita.

Brillano – ma cosa aspettarsi di diverso da loro?! – anche Olivia Colman e Colin Firth nel ruolo dei coniugi Niven, algidi, distanti, quasi cristallizzati in un dolore che è difficile spiegare e comprendere.

Al di là della forte componente emotiva e sessuale – certe scene non stonerebbero in un episodio della serie “Bridgerton” -, “Mothering Sunday” è un film sulla perdita, sui sacrifici che tutti dobbiamo compiere – “Devo sposarmi. Devo diventare un avvocato”, Paul ripete a Jane come un mantra – e sulla forza di andare avanti. Perché come imparerà Jane a sue spese, tragedia dopo tragedia, niente è permanente, il piacere come il dolore. Tutto passa.

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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