Ninni, mio padre, Roberto Sapienza

In una serata di novembre, Roberto è davanti al computer, cercando di iniziare a scrivere un libro su suo padre Carmelo, deceduto vent’anni prima. Improvvisamente, sotto forma di un’entità incorporea, il padre gli si palesa con l’intento di mostrargli il proprio passato nei minimi dettagli: dall’infanzia, segnata da una tragedia familiare, dai successi e delusioni nello studio, in politica e in famiglia, fino al termine della sua vita, a causa di un male incurabile. Da quelle immagini, tra Roberto e suo padre, nasce un confronto dialettico segnato da forti emozioni e da animati contrasti che rivelano visioni discordi e sedimentate incomprensioni. Dopo il serrato dialogo che li coinvolge fino all’alba, Carmelo tornerà nella sua dimensione con una maggior consapevolezza riguardo alle conseguenze dei suoi atteggiamenti nella vita terrena? E Roberto, dopo quell’intensa e straordinaria chiacchierata notturna, riuscirà a scrivere quel libro su suo padre?

Ninni, mio padre, Roberto Sapienza

Non è un semplice modo di dire che le figlie siano più legate ai padri, i figli alle madri. All’interno di ogni famiglia, anche della più equilibrata, il sorgere di dinamiche di contrapposizione tra esponenti dello stesso sesso, soprattutto a partire dall’adolescenza, è del tutto naturale.

Così le figlie tendono a scontrarsi con le madri nella loro ricerca di una propria identità, vedendo proprio in chi le ha messe al mondo il simbolo dell’autorità e, in generale, di tutto ciò che non vorrebbero mai diventare “da grandi” – per realizzare poi molto spesso, una volta cresciute, che prendere le distanze da quel modello non era poi così semplice, non percorrere lo stesso sentiero utopico.

I figli maschi, dal canto loro, devono prima o poi fare i conti con la figura paterna, che può essere vista come una sorta di super-eroe difficilissimo da emulare, come un qualcuno da mettere in discussione e combattere per auto-affermarsi, come un rivale per l’affetto materno e via dicendo. Quale che sia il rapporto con vostro padre, amici lettori, molto probabilmente prima o dopo vi sarete trovati a fare i conti con scontri o battibecchi. Niente di trascendentale, nella maggior parte dei casi, è la strada dell’essere umano che, da ragazzo, diventa uomo.

Roberto Sapienza, ha scelto di mettere al centro del suo libro “Ninni, mio padre” proprio la figura del genitore, in una ricerca di comprensione e auto-comprensione che finisce per trasformarsi in dialogo e confronto tra due mondi e due punti di vista.

È proprio in questo trasformismo e capacità di diventare altro da sé che sta, a mio avviso, uno dei maggiori punti di forza del libro. Dal presente della scrittura, di un Roberto uomo maturo che interroga il materiale che ha raccolto cercando lo spunto giusto per raccontare, in un romanzo, chi è stato suo padre si passa a una serie di immagini dal sapore cinematografico, che ci scorrono davanti agli occhi come si trattasse di una vera pellicola, a mostrarci, più che a spiegare, la storia di Carmelo e della famiglia Sapienza.

E non è finita qui. Perché tra Carmelo stesso, apparso nella notte romana come una sorta di entità incorporea, e il figlio prende il via una conversazione quasi metafisica ma dal sapore fortemente umano. Una conversazione, attenzione, che non servirà soltanto a Roberto per trovare l’idea vincente per il suo libro, ma forse anche al padre deceduto da anni per mettere in discussione il suo operato di genitore e di uomo.

Non è solo l’artificio di far tornare per certi versi in vita, almeno per una notte, il caro estinto ad avermi fatto pensare a un grande romanzo della letteratura europea, “Canto di Natale” di Charles Dickens, ma anche il fatto che sia lo spirito stesso a interrogarsi e forse – sarete voi dirlo, una volta finito il libro – acquisire una nuova consapevolezza di quello che è stato il suo percorso su questa terra, e soprattutto dell’impatto che la sua figura, le sue parole, le sue azioni hanno avuto sulla vita, la crescita e lo sviluppo del figlio.

Un libro ben scritto, fluido e piacevole da leggere con il suo alternare passato e presente, biografia e riflessione. Un libro che affronta un tema delicato e profondo come il rapporto con i genitori e la difficoltà di farsi capire senza retorica, ma con sguardo umano, contemporaneo, comprensibile.

Se il gap generazionale rappresenta da sempre uno dei muri più difficili da abbattere, Roberto Sapienza, con il suo libro, sembra volerci ricordare che vale comunque la pena di provarci, almeno finché a separarci non arrivano elementi più consistenti e immutabili delle differenze ideologiche. E allora comunicare diventa davvero una missione impossibile. O una missione da scrittori come Roberto.