“Nomadland”: il ritratto dell’America attraverso la storia di una donna

Frances McDormand intensa e convincente nel film di Chloé Zhao, presentato in concorso a Venezia

Un film di Chloé Zhao. Con Linda May, Frances McDormand, David Strathairn, Charlene Swankie.
Drammatico, 108′. USA 2020

Empire, stato del Nevada. Nel 1988 la fabbrica presso cui Fern e suo marito Bo hanno lavorato tutta la vita ha chiuso i battenti, lasciando i dipendenti letteralmente per strada. Anche Bo se ne è andato, dopo una lunga malattia, e ora il mondo di Fern si divide fra un garage in cui sono rinchiuse tutte le cose del marito e un van che la donna ha riempito di tutto ciò che ha ancora per lei un significato materico. Vive di lavoretti saltuari poiché non ha diritto ai sussidi statali e non ha l’età per riciclarsi in un Paese in crisi, e si sposta di posteggio in posteggio, cercando di tenere insieme il puzzle scomposto della propria vita.

 

Esistono molti modi di elaborare un lutto. Se poi alla perdita del proprio compagno di una vita si aggiunge il fatto che la tua città si è trasformata in una città fantasma dopo la chiusura di una grande industria allora ti trovi di fronte a un bivio: lasciarsi sopraffare dal dolore oppure cambiare tutto.

“Nomadland” di Chloé Zhao, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2020, è il racconto di un viaggio fisico e spirituale che la protagonista Fern, che he perso prima il marito, poi la sua casa, decide di compiere senza mai voltarsi indietro.

Fern è una donna orgogliosa, determinata, che porta con sé un bagaglio pesante, il malinconico ricordo di una vita felice. È anche una persona che non vuole aiuti, commiserazione o sussidi. “Io non voglio andare in pensione, non posso permetterlo. Voglio lavorare”.

Partendo dal racconto di inchiesta omonimo di Jessica Bruder, la regista di origini cinesi Chloé Zhao torna a raccontare l’America dei grandi spazi e delle grandi contraddizioni, una terra senza confini abitata anche da persone ai margini, capaci di mostrare enorme solidarietà.

Il film ha una struttura narrativa ibrida, che gli conferisce ulteriore qualità e forza emozionale. A Frances McDormand si affiancano infatti veri nomadi, in qualità di suoi mentori.

“Nomadland” incanta lo spettatore con ambientazioni naturali uniche e mozzafiato che in più di un passaggio prendono il sopravvento sui personaggi e sui dialoghi. Bellissima anche la colonna sonora firmata da Ludovico Einaudi, che si fonde in modo armonioso con le immagini, accompagnando l’evoluzione psicologica ed emotiva di Fern.

Se posso azzardare una previsione per la prossima stagione dei premi internazionali, penso che per la pellicola della Zhao ci saranno belle soddisfazioni. Intanto, a Venezia, ha già vinto la sua sfida nel raccontare in modo convincente come si possa tornare a vivere anche senza fissa dimora.

 

Il biglietto da acquistare per “Nomadland” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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