“Nureyev – The white crow”: un biopic romantico ma frammentato

Il ballerino Oleg Ivenko, all'esordio come attore, si impegna parecchio nel film diretto da Ralph Fiennes

Un film di Ralph Fiennes. Con Oleg Ivenko, Adèle Exarchopoulos, Chulpan Khamatova,  Ralph Fiennes, Aleksey Morozov. Biopic, 122′. Gran Bretagna 2018

Ballerino intrepido e fuori da ogni schema, Rudolf Nureyev cresce in tecnica e splendore. Avido di conoscenza, la tournée del 1961 a Parigi è la risposta ai suoi desideri e al bisogno di conoscere più da vicino la cultura e il balletto occidentali. Le lezioni di ingleseprese in Russia gli permettono di avvicinare i ballerini dell’Opéra, di comunicare con loro e di condividere i rispettivi punti di vista sulla danza e sul mondo. Incontenibile e ribelle, Nureyev sfora gli orari della ‘ricreazione’ e si attira i sospetti del KGB, che lo marca stretto. Le intemperanze hanno conseguenze drammatiche, il ballerino non andrà a Londra con la compagnia e deve essere immediatamente rimpatriato.

 

Anche se, come il sottoscritto, non nutrite per la danza classica una particolare passione, il nome di Rudolf Nureyev dovrebbe comunque farvi suonare qualche campanellino mentale, data la levatura del personaggio, paragonabile, nel suo campo, a una vera e propria rock star.

Il ballerino russo conquistò le luci della ribalta internazionale non solo per il suo indiscutibile talento, ma anche per il forte carisma, l’intelligenza, la caparbietà e il desiderio di elevarsi socialmente oltre che economicamente.

“Nureyev – The white crow” di Ralph Fiennes si concentra sulla vita complessa di Nureyev, articolata in diversi momenti temporali e scandita da diversi colpi di scena. La scelta di realizzare un unico film, però, non si rivela particolarmente felice. Forse una miniserie sarebbe stata meglio.

Nato su un treno nel 1938, proveniente da una famiglia di umili origini, Rudolf prese lezioni private prima di entrare a far parte della prestigiosa scuola di ballo del Teatro Kirov di Leningrado. Il soprannome il corvo bianco – che si ritrova anche nel titolo del film – era legato alla sua personalità bizzarra, particolare, unica.

Il cuore temporale e logistico del film di Fiennes è la Parigi del 1961, dove il giovane ballerino arrivò con la sua compagnia di danza. Qui strinse rapporti di amicizia con colleghi francesi e si rese conto di dover “tradire” il suo Paese, per poter essere davvero un professionista libero.

“Nureyev – The white crow” cerca di andare oltre il biopic tradizionale e di tenere insieme l’aspetto politico, personale e artistico della vicenda. Questo va a discapito dell’intreccio in quanto tale, che si riduce a un’accozzaglia di flashback sulla vita del protagonista.

Progetto complessivamente più che dignitoso sul piano registico e recitativo, non possiamo non spendere una parola in più per Oleg Ivenko, ballerino all’esordio come attore. Ivenko è bello, forte, dotato di presenza scenica ma non possiede il fascino né il sacro fuoco e la cattiveria di Nureyev.

Ralf Fiennes – per quanto il film risulti alla fine piuttosto freddo – ha comunque il merito di aver rinverdito il ricordo di una leggenda come Nureyev, e magari, chissà, stimolato la curiosità dei più giovani che di lui sanno poco o niente.

 

Il biglietto da acquistare per “Nureyev – The white crow” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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