“Ogni tuo respiro”: un amore vero e idealizzato che supera le barriere

Andrew Garfield e Claire Foy nell'esordio alla regia di Andy Serkis che ha aperto il London Film Festival

Un film di Andy Serkis. Con Andrew Garfield, Claire Foy, Diana Rigg, Miranda Raison, Hugh Bonneville. Drammatico, 117′. Gran Bretagna, 2017

Data di uscita italiana: 16 novembre 2017

Robin (Garfield) è un giovane brillante che vive la sua vita con grande entusiasmo. A causa della poliomielite rimane però paralizzato. Mettendosi contro il parere dei medici la moglie Diana (Foy) lo porta a casa e cerca di fargli vivere una vita piena malgrado la malattia.

 

Se il nome Robin Cavendish non vi dice nulla di particolare – e vivendo in Italia la cosa sarebbe del tutto plausibile – il film “Ogni tuo respiro” che arriverà in sala da noi a partire dal 16 novembre vi aiuterà a colmare il vuoto.

Fine anni ’50. Dopo solo un anno di matrimonio, l’inglese Robin resta paralizzato dal collo in giù in seguito a una Poliomielite contratta in Kenya, e per i medici gli restano soltanto pochi mesi di vita. Vent’anni dopo però, grazie a ingegno e cure amorevoli da parte della moglie, l’uomo è ancora vivo e vegeto.

L’esordio alla regia di Andy Serkis, che ha aperto il 61° London Film Festival, inizia con i toni romantici del melodramma per virare poi poco dopo verso il biopic. Tante buone intenzioni e pochi guizzi, per una storia vera che ha come protagonisti i genitori del miglior amico nonché produttore di Serkis, Jonathan Cavendish.

Il regista e lo sceneggiatore William Nicholson trattano la materia con sensibilità ed empatia, cedendo però troppo spesso alla tentazione di mettere i due protagonisti, Robin e Diana, su un piedistallo. Ne risulta un film che tratta con sentimento una vicenda delicatissima, rendendola però poco realista e molto impostata.

La sceneggiatura glissa su certi passaggi della biografia dei coniugi Cavendish – quelli più noiosi, ma forse anche quelli più veri -, preferendo concentrarsi su quelli positive e romantici. Non mancano però gli accenni ad alcuni temi di stringente attualità: la necessità delle persone con disabilità di avere un loro posto al sole, e il confronto tra qualità della vita e lunghezza della stessa.

Andrew Garfield e Claire Foy sono i protagonisti indiscussi della pellicola. Fino ad oggi abbiamo visto l’attore inglese in ruoli molto fisici, di movimento – il giovane Spider-Man che volteggia tra i grattacieli di Manhattan, Desmond Doss della “Battaglia di Hacksaw Ridge” impegnato in azioni eroiche sul campo di battaglia. Questa volta la staticità è la qualità dominante, dal momento che Cavendish è attaccato a un respiratore e in sintesi non può muoversi.

Nonostante questo Garfield risulta comunque energico e a suo modo allegro, sorridendo molto e, dopo aver riacquistato la capacitò di farlo, mostrando la sua gioia di vivere attraverso le parole.

In molti hanno già paragonato “Ogni tuo respiro” a “La teoria del tutto”, dove il fisico Stephen Hawking, nonostante la grave malattia, riesce a godersi la vita in famiglia e il successo accademico. In realtà i due personaggi sono molto diversi: Hawking è un intellettuale anche prima di essere colpito dalla malattia, mentre Cavendish, sportivo a 360°, sembra quasi incapace di star fermo.

Il film di Serkis si concentra molto anche sulla moglie di Cavendish, Diana (Foy), senza la quale lui sarebbe morto molto velocemente – e no, non si tratta solo di un modo di dire. Invece di accettare che il marito si spegnesse in ospedale, infatti, Diana combatte per portarlo con lei a casa, dove se ne occupa negli anni come la più tenace e amorevole delle infermiere.

La Foy deve aver preso gusto ai ruoli in costume – a dicembre la vedremo su Netflix nella seconda stagione della serie “The Crown” – perché anche qui da il meglio di sé in abiti floreali anni ’50 e ’60. La sua interpretazione è intensa ed emozionante, per quanto lo consenta una sceneggiatura molto politically correct.

La potenza di una storia vera che ha tutte le caratteristiche per adattarsi bene al grande schermo e le interpretazioni dei protagonisti fanno sì che “Breathe” non sia un disastro completo, ma alla fine si ha la sensazione che prendere maggiori rischi, in termini di sceneggiatura, avrebbe pagato. Perché così l’immagine di Robin e Diana Cavendish esce sicuramente pulitissima, come era nelle intenzioni di chi di dovere, ma il pubblico si chiede quanto questa corrisponda al vero.

 

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