“Origin”: con il professor Langdon alla scoperta delle origini della vita

Dan Brown firma un nuovo romanzo che unisce thriller, storia dell'arte e misteri nella Spagna di oggi

COINVOLGENTE. ARTISTICO. GODIBILE

 

Cosa spinge migliaia e migliaia di lettori ad aspettare con ansia l’uscita del nuovo libro di Dan Brown – “Origin“, in questo caso – e a correre a comprarlo e dopo a leggerlo, una volta uscito? Certo non la novità della trama.

Se c’è una cosa che i romanzi dello scrittore americano ci hanno insegnato è ad aspettarci uno schema di fondo che, fatte le dovute modifiche geografiche, è sempre lo stesso. Il professor Langdon è coinvolto in prima persona in un qualche mistero/delitto, deve affrontare una corsa contro il tempo per battere il nemico di turno, solitamente riesce nella sua impresa, con l’aiuto di una aiutante di sesso femminile. Titoli di coda.

Allora cosa? Personalmente mi sono fatta l’idea che quello che piace di questi libri è soprattutto il fatto che siano ben scritti. A Dan Brown si potranno muovere centinaia di critiche, ma non si può dire che non sappia il fatto suo quando si tratta di coinvolgere il lettore, di incantarlo con le parole e spingerlo a girare un’altra pagina, e un’altra e un’altra ancora.

In un mondo come il nostro, dove il numero medio di libri letti dalle persone in un anno si avvicina pericolosamente allo zero, creare opere commerciali, che vendono ma soprattutto che si fanno leggere è un pregio, e un pregio non da poco.

Detto questo, io “Origin” l’ho letto con piacere, nonostante immaginassi già cosa sarebbe successo – e alla fine abbia constato che le mie previsioni erano più o meno tutte giuste.

Questa volta Langdon è chiamato a muoversi in una serie di mondi che sono un po’ fuori dalla sua comfort zone. Si spazia tra arte moderna – a partire dal Museo Guggenheim di Bilbao dove inizia questa avventura che si svolge tutta nell’arco di una notte -, ingegneria informatica, la Barcellona di Gaudì.

C’è il consueto intreccio tra thriller e arte, che fa sì che i libri di Dan Brown abbiano una loro profondità e non si limitino solo a raccontare una storia di fughe, inseguimenti e misteri da risolvere come ce ne sono tante.

Gli elementi che mi hanno convinta di meno sono due: la partner femminile di turno e il finale.

Avevo premesso che le avventure di Langdon seguono, da che ci ricordiamo, uno schema standard che prevede anche un’aiutante del gentil sesso, quindi la figura di Ambra Vidal, affascinante direttrice del Guggenheim nonché fidanzata del futuro re di Spagna, che aiuta il professore nella sua missione non ci sorprende più di tanto. Ci si ritrova però a chiedersi, alla fine, se sia il caso di continuare a riprodurre questo schema. Va bene l’abitudine, ma per Langdon non arriverà mai un “lieto fine” anche sentimentale? Perché a ritrovarselo da solo, a riflettere, mentre la “sua” lei se ne torna alla sua vita e ai suoi affari inizia a diventare un filino deprimente.

Maman, esterno del Museo Guggenheim di Bilbao. 

Secondo punto controverso, il finale – o meglio, la gestione del finale. Se prevedibilmente la presentazione del futurologo Edmond Kirsch che era stata troncata dal suo assassinio viene lanciata – e in questo non c’è niente di male – mi ha lasciata perplessa la soluzione del mistero legato al Reggente e ai tre omicidi descritti nel romanzo.

Forse è la nostra mente di lettori moderni che dopo essere stata portata a interrogarsi per pagine, pagine e pagine su qualcosa di misterioso si aspetta una soluzione di un certo spessore, una quadratura del cerchio soddisfacente e non qualcosa di banale. Forse Brown è troppo bravo a creare aspettative che poi non è semplice soddisfare. Fatto sta che alla fine la sua spiegazione di come si sono svolti gli eventi – una parte degli eventi, mi correggo – mi ha lasciato l’amaro in bocca. Troppo banale, troppo ovvia, troppo poco costruita.

Tolti questi due punti, “Origin” è un romanzo avvincente, piacevole da leggere, ricco di spunti, che fa venire voglia di partire seduta stante – soprattutto per Barcellona – per vedere con i propri occhi quelle opere e quelle costruzioni di cui tanto bene l’autore ha saputo parlare su carta.

E – en passant – non fa passare la voglia di leggere, se e quando uscirà, una nuova avventura di Robert Landgon. Che, dato il genere e la consistenza della serie, mi sembra di per sé un risultato soddisfacente.

 

SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. . CONSIGLIATO. IMPERDIBILE

 

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