“Pet sematary”: il cimitero degli animali di Stephen King prende vita

Un horror che si discosta in parte dal romanzo originario ma trasmette paura e inquietudine

Un film di Kevin Kölsch, Dennis Widmyer. Con Jason Clarke, Amy Seimetz, Jeté Laurence,  Hugo Lavoie, Lucas Lavoie, John Lithgow. Horror, 101′. USA 2019

Basato sul romanzo horror di Stephen King “Cimitero vivente“, il film segue le vicende del Dr. Louis Creed che dopo aver traslocato insieme alla moglie Rachel e ai due figli da Boston in una località rutrale del Maine, scopre un misterioso cimitero vicino alla sua nuova casa. Quando una tragedia colpisce la sua famiglia, Louis si rivolge al bizzarro vicino, Jud Crandall, scatenando una pericolosa reazione a catena dalle terribili conseguenze.

 

Tratto dal romanzo di Stephen King “Cimitero vivente”, “Pet sematary” di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, con Jason Clarke e Amy Seimetz, è il remake della pellicola del 1989 diretta da Mary Lambert.

Per prepararmi alla visione del film sono andata quindi a recuperare il precedente, e non ci sono dubbi: quella di oggi – per quanto sia difficile definirla un horror al 100% – è sicuramente una storia più macabra e cuca, che gioca meglio con la suspense.

Certe cose è meglio che restino morte. Se ne accorgerà molto presto il Dr. Louis Creed (Clarke) che trasferitosi con la famiglia in una cittadina del Maine verrà inghiottito da un vortice di avvenimenti surreali e inspiegabili.

Un sottile filo divide la vita e la morte, e la possibilità di scandagliare entrambe spinge a una precisa riflessione su cosa sia giusto fare, e cosa semplicemente facile.

La regia è ritmata, concentrica, dallo stile semplice ma ben definito. La sceneggiatura è degna di Stephen King – ma non è Stephen King. Infatti le differenze con il romanzo sono parecchie, e si avverte ben poco quel tono tipico del re dell’horror.

“Pet sematary” rimane comunque un buon film, realizzato bene e capace di trasmettere sia paura che inquietudine – che no, non sono la stessa cosa. L’inquietudine si insinua nello spettatore, attraverso dubbi e atmosfere surreali eppure realistiche, che danno l’idea di qualcosa di lontano e “incredibile” eppure che potrebbe anche capitare a noi…

 

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