“Principessa Mononoke”: un capolavoro dell’animazione nipponica

Il film che ha consacrato Hayao Miyazaki anche in occidente torna al cinema dopo 25 anni

Un film di Hayao Miyazaki. Con Billy Crudup, Billy Bob Thornton, Minnie Driver, John Di Maggio, Claire Danes. Animazione, 133′. Giappone 1997

In seguito allo scontro con un animale posseduto da un demone il principe Ashitaka viene contaminato da una maledizione mortale. Si mette dunque in viaggio per scoprirne l’origine e chiedere una cura al grande Dio Bestia, l’unico in grado di guarirlo. Arrivato nelle regioni da cui proveniva la bestia scopre una guerra tra uomini e una forma primitiva di animali della foresta, giganti, senzienti e aiutati da quella che chiamano la Principessa Spettro, una ragazza cresciuta dai lupi che ha rinnegato gli uomini. Dall’altra parte gli uomini, capitanati da Lady Eboshi che gestisce con amore, giustizia e pietà il suo villaggio di fabbri, vogliono lavorare la montagna e abbattere gli alberi per poter estrarre il ferro (fonte di ricchezza). In mezzo un gruppo di monaci cerca di fomentare gli uomini ad uccidere il Dio Bestia e rubarne la testa perché, si dice, fornisca l’eterna giovinezza.

 

Vendetta, difesa dell’ambiente, fede, la lotta tra bene e male: in “Principessa Mononoke” di Hayao Miyazaki, che torna al cinema a venticinque anni dalla prima uscita, c’è tutto questo e molto altro. Un vero capolavoro dell’animazione nipponica, che ha consacrato il suo regista anche in occidente – ricordiamo che a suo tempo fu il primo dei suoi film a venir distribuito negli States da una grande major.

Partendo da un’antica leggenda giapponese, Miyazaki scrive e dirige un film di denuncia verso l’operato scriteriato dell’uomo che sfrutta malamente le risorse naturali a proprio favore, senza chiedersi a quali conseguenze questo possa portare.

Per facilitarne la comprensione, il regista divide i personaggi in due gruppi e attraverso di loro mette in evidenza le conseguenze che scelte scelte di vita – come l’egoismo – hanno sulle persone: da una parte ci sono i cosiddetti umani, dall’altra le divinità, esseri sovrannaturali che lottano perché la terra non diventi sterile.

Oltre al chiaro messaggio ambientalista, nella sceneggiatura c’è spazio per l’eterna lotta tra il bene e il male. Se il principe Ashitaka predica il perdono e instilla nel cuore di chi incontra, anche in quello arido e impaurito di Mononoke, la volontà di non abbandonarsi alla rabbia e al rancore, Lady Eboshi, signora della città del ferro, sembra l’incarnazione dell’arrivismo e della cattiveria.

La fascinazione che avvolge il Dio Bestia e la sua colorata quanto incantevole rappresentazione è amplificata dall’elemento religioso che incombe su tutta la pellicola, chiaro ma impalpabile. Ci sono cose che non possiamo cambiare né capire, e il massimo che possiamo fare è trovare il coraggio di accettarle. Come fa Ashitaka, che va incontro al suo destino con fede.

La “Principessa Mononoke” del titolo è forse il personaggio meno potente del film, anche se la traduzione del suo soprannome “spirito vendicativo”, che si perde nella traduzione italiana “principessa spettro”, illumina un altro degli elementi intriganti del film. Che rimane un capolavoro senza tempo.

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