“Quando Hitler rubò il coniglio rosa”: un film toccante, per grandi e piccini

Caroline Link adatta per il cinema il classico della letteratura per l'infanzia di Judith Kerr

Un film di Caroline Link. Con Riva Krymalowski, Marinus Hohmann, Carla Juri, Oliver Masucci, Ursula Werner. Dramma, 119′. Germania, Svizzera 2019

1933, Berlino. Anna ha 9 anni e suo fratello Max ne ha 12. Il padre è un famoso e severo critico teatrale e la madre è una pianista. Sono ebrei e nel momento in cui Hitler riesce a formare il suo primo governo in seguito alle elezioni la famiglia è costretta ad abbandonare la sua vita agiata per raggiungere rapidamente la Svizzera. Qui alloggiano in un albergo costoso nella speranza che il genitore trovi un impiego adeguato. Le cose però non vanno come sperato e i quattro debbono nuovamente partire per raggiungere Parigi. Anche lì la loro esistenza non sarà delle più facili e dovranno conoscere l’indigenza senza avere la certezza che la Francia possa diventare la loro seconda patria.

 

La fuga di una famiglia ebrea della classe medio-alta da Berlino mentre incombono sullo sfondo le elezioni del 1933, che portarono Hitler al potere e avviarono un processo poi entrato tristemente nella storia. Il tutto raccontato dal punto di vista di una bambina di 9 anni.

È questo il cuore di “Quando Hitler rubò il coniglio rosa”, il film, non solo per ragazzi, della regista e sceneggiatrice Caroline Link, basato sul classico omonimo della letteratura per l’infanzia di Judith Kerr del 1971.

La piccola Anna Kemper (Krymalowski) è costretta a fuggire insieme al padre, alla madre e al fratello maggiore Max di 12 anni per salvarsi la vita. Eppure lei non capisce quello che sta succedendo, e resta “bloccata” sulla drammatica scelta che è stata chiamata a compiere: portare con sé soltanto un giocattolo, e lasciare indietro l’amato coniglietto

“Quando Hitler rubò il coniglio rosa” si concentra su questa piccola storia personale, lasciando il resto sullo sfondo (forse un po’ troppo), una presenza ai margini dell’inquadratura che però non si palesa mai – il dittatore tedesco, ad esempio, nel film non viene mai mostrato.

Utilizzando un montaggio classico e un linguaggio semplice e naturale, la Link riesce a far immergere il pubblico nel lungo viaggio di Anna e della sua famiglia, un on the road mosso da piccole speranze – trovare una nuova casa, un nuovo posto nel mondo da condividere con i propri cari.

Un film toccante, nonostante qualche difetto, dove il coniglio rosa del titolo si trasforma in metafora: quella dell’infanzia che il nazismo ha portato via a tanti bambini nati durante quegli anni.

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