“Quo vadis, Aida?”: un dramma incalzante sul massacro di Srebrenica

Il film di Jasmila Zbanic, presentato nel 2020 a Venezia, parte dalla necessità di raccontare

Un film di Jasmila Zbanic. Con Jasna Ðuricic, Izudin Bajrovic, Boris Ler, Dino Bajrovic, Boris Isakovic. Drammatico, 103′. Bosnia-Herzegovina, Austria, Romania, Paesi Bassi, Germania, Polonia, Francia, Norvegia 2020

Luglio 1995. Aida, bosniaca, insegna inglese e lavora come interprete in una base ONU nei giorni caldi che precedono l’occupazione di Srebrenica da parte dell’esercito serbo. Ma il sistema di protezione internazionale, gestito dalle gerarchie militari olandesi, si rivela sempre più fragile e inadeguato di fronte all’avanzata delle truppe di Mladic. La situazione dei rifugiati si fa sempre più drammatica e Aida si trova stretta tra due fuochi, in un disperato tentativo di salvare la propria famiglia e i propri concittadini da un grave pericolo.

 

La prima vera sorpresa, in positivo, della Mostra del cinema di Venezia 2020 arriva dalla Bosnia. “Quo vadis, Aida ?” di Jasmila Zbanic è un film drammatico e incalzante, mosso dall’urgenza di tramandare la storia piuttosto che da velleità artistiche (già questo, un punto a suo favore).

Siamo nel luglio 1995. Un’estate calda e insanguinata nella ex Jugoslavia, dove da quattro anni si sta combattendo una guerra feroce tra bosniaci e serbi (il conflitto si inserisce all’interno delle cosiddette “guerre jugoslave”, svoltesi tra il 1991 e il 2001 in seguito alla dissoluzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia).

L’11 luglio, mentre il resto del mondo è in vacanza, la città bosniaca di Srebrenica, dopo aver eroicamente resistito per anni all’assedio,  capitolò davanti alle unità guidate dal generale Ratko Mladić. Nei successivi dieci giorni, ottomila musulmani bosniaci, per la maggioranza ragazzi e uomini, vennero trucidati.

Il tutto in una zona che l’ONU aveva dichiarato protetta e che era, in teoria, sotto la tutela di un contingente di caschi blu olandesi… (Ho giocoforza ridotto ai minimi termini una vicenda drammatica, e complessa. Se siete interessati potete trovare numerosi approfondimenti online).

“Quo vadis, Aida?” racconta quei dieci giorni sciagurati attraverso la prospettiva di una donna bosniaca (Jasna Ðuricic), insegnante di inglese e interprete per l’Onu. Una donna che farà di tutto per mettere in salvo la propria famiglia e i propri concittadini.

Il film di Jasmila Zbanic è un thriller politico, una corsa contro il tempo, una dannazione, il racconto del disperato grido d’aiuto che l’Europa decise di non ascoltare, dimostrandosi il peggior di Ponzio Pilato.

Jasna Ðuricic è straordinaria nell’incarnare questa donna forte, indomita che, sebbene consapevole dell’imminente disastro non esita a svolgere il proprio ruolo fino all’ultimo.

Lo spettatore segue con il cuore in gola lo sviluppo della situazione di Aida e di quella degli abitanti di Srebrenica, fatalmente legati, ma che la regista è riuscita molto bene a mostrare come si trattasse, fino all’ultimo, di due storie distinte. Non ci sono spoiler da evitare qui, purtroppo: si sa fin dall’inizio che gli sforzi di Aida non daranno alcun frutto. Eppure per tutto il film non si può non sperare che la sua azione, le sue preghiere, servano a qualcosa.

Le guerre jugoslave sono una delle pagine più buie della storia europea degli ultimi anni. “Quo vadis, Aida?” ha il merito di restituire voce e dignità alle migliaia di vittime, e di far sentire al pubblico la loro rabbia. Si avverte la necessità, dietro la regia di Jasmila Zbanic, il suo desiderio, prima di tutto, di raccontare. 

Se la sceneggiatura fosse stata asciugata nel finale – gli ultimi venti minuti risultano sì intensi ma anche ridondanti – il film sarebbe stato perfetto. Anche così, “Quo vadis, Aida”? è un pugno allo stomaco e un j’accuse che ci riguarda tutti. Perché voltare le spalle davanti alla sofferenza, ignorare quello che succede a pochi passi da noi non è una forma, silenziosa, di complicità?

 

Il biglietto da acquistare per “Quo vadis, Aida?” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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