“Rachel”: un noir sospeso tra nebbie inglesi e brucianti passioni

Una intensa Rachel Weisz nell'adattamento del romanzo di Daphne du Maurier, già portato al cinema

Un film di Roger Michell. Con Rachel Weisz, Sam Claflin, Holliday Grainger, Iain Glen, Pierfrancesco Favino. Drammatico, 106′. USA, 2017

Il piccolo Philip, rimasto orfano, viene adottato e cresciuto con l’affetto di un padre dal cugino Ambrose, in una grande tenuta di campagna, nella verde e ventosa Cornovaglia. Anni dopo, Ambrose si sposa con una donna di nome Rachel, conosciuta in Italia. A Philip, cresciuto, giungono però alcune lettere in cui Ambrose chiede il suo aiuto, ma quando il ragazzo lo raggiunge è troppo tardi. Ambrose è morto. Philip giura allora vendetta alla vedova, salvo poi trovarsi di fronte una donna completamente diversa da come l’aveva immaginata.

 

Chi è davvero Rachel (Weisz)? Una donna buona, amorevole, paziente e premurosa? Oppure una manipolatrice, una fredda assassina, alla costante ricerca di uomini ingenui da spogliare di ogni bene?

Lo spettatore continuerà a porsi questa domanda fino alla fine dell’intrigante pellicola di Roger Michell, con protagonisti Rachel Weisz e Sam Claflin.

Nel 1951 Daphne du Maurier, già autrice di “Taverna alla Giamaica” e “Rebecca, la prima moglie” (entrambi portati al cinema da Alfred Hitchcock), pubblica “Mia cugina Rachele“. Nel 1952 il libro diventa un film, che otterrà 4 nomination agli Oscar, diretto da Henry Koster e interpretato da Olivia de Havilland e da un giovanissimo e promettente Richard Burton.

Nel 2017 il regista Roger Michell decide di riportare la storia sul grande schermo, affidando a Rachel Weisz e Sam Claflin il compito, non facile, di esprimere l’ambiguità e i chiaroscuri dell’animo umano, in bilico costante fra colpa e innocenza, infantile impulsività e machiavellica determinazione.

La nuova “Rachel” può contare, senza dubbio, su un’efficace sceneggiatura, dove si mescolano diversi generi: thriller psicologico, noir, romance, il tutto inserito in una cornice storica elegante e accurata.

Il film è un sottile quanto complesso gioco di specchi e d’inganni, in cui nulla è come sembra e i ruoli di vittima e carnefice cambiano interprete continuamente, offrendo allo spettatore, via via sempre più confuso e affascinato, un’interessante chiave di lettura.

Sembra di assistere, per certi versi, a una versione storica 2.0 de “La vedova nera” di Bob Rafelson per quanto si punta, in modo vincente, sul tasto della seduzione, della sudditanza psicologica e infine anche del sesso come strumento di manipolazione.

La volontà di Michell di rimanere fedele al romanzo originale contribuisce a esaltare le qualità dell’intero cast. Il premio Oscar Rachel Weisz sfodera una performance di altissimo livello, dimostrandosi dolce e misteriosa, materna e sensuale.

Sam Clafin anche regala una prova di notevole spessore umano oltre che artistico, riuscendo con naturalezza a passare dall’iniziale diffidenza e misantropia al ruolo di uomo innamorato e succube.

Insomma, come non spesso accade, Rachel” non sfigura a confronto con il film del 1952 di Henry Koster, e il finale, tragico quanto aperto, lascia nella mente dello spettatore l’angosciante quanto piacevole dubbio sulla vera natura della protagonista e sull’autenticità delle sue azioni ed emozioni.

 

Il biglietto da acquistare per “Rachel” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre
(con riserva).

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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