“Rodin”: la straordinaria relazione tra lo scultore e Camille Claudel

Jacques Doillon porta a Cannes una pellicola irritante, scialba, dove i due protagonisti non emergono

Un film di Jacques Doillon. Con Vincent Lindon, Izïa Higelin, Séverine Caneele, Edward Akrout, Serge Bagdassarian. Drammatico, 119′. Francia, Belgio, 2017

 

Chi è Auguste Rodin?

Lo state chiedendo a me? Spiacenti, ma a scuola in storia dell’arte i miei voti oscillavano tra il non classificato e il non pervenuto.

Inutile negarlo: una visita a un museo o ad una mostra mi rende un uomo affranto.

Roberta Turillazzi, evidentemente, ha deciso di essere, oltre a un’ottima madre e moglie, a una giornalista vera e un caporedattore multitasking per Parole a Colori, il mio personale tutor Cepu, provando a cambiare il mio status di diversamente ignorante ed elevare almeno un po’ il mio livello culturale.

Non esiste altra spiegazione al fatto che, puntualmente, ad ogni festival a cui partecipiamo nella lista dei film da recensire ce ne sia almeno uno su uno scrittore, un poeta o comunque un personaggio d’intelletto.

Poteva mancare il film “didattico” all’interno del programma di Cannes 70? Domanda retorica.

Per poter partecipare alla proiezione ufficiale di “Rodin” di Jacques Doillon, nella sala Gran Lumiere, il vostro inviato ha dovuto quindi indossare l’abito della festa e lucidare le scarpe per non sfigurare.

Vi chiedete se la visione ha almeno colmato parte della mia sterminata ignoranza artistica?

Ho capito che Auguste Rodin era uno scultore, anche bravo, pioniere dell’arte moderna, ma che come spesso accade ai geni fu incompreso dai contemporanei. Rodin era anche un amante delle belle donne, ma allo stesso tempo incapace di divorziare dalla moglie con cui condivise tutta la propria esistenza.

Concluderete allora che il regista ha centrato l’obiettivo, se il sottoscritto ha compreso tutte queste cose in due ore di proiezione.

Sfortunatamente, caro lettore, queste nozioni vengono assimilate dopo dieci minuti, poi, per il resto del minutaggio, lo spettatore ingaggia un’ardua battaglia con Morfeo, per poi soccombere fatalmente di fronte a un film brutto, scialbo e noioso.

A niente vale l’impegno di Vincent Lindon, nel ruolo di Rodin, e di Izïa Higelin, in quello di Camille Claudel, amante e collega dell’artista per lungo tempo.

Lo spettatore compie una fatica enorme e ahimè vana a comprendere quale sia il fil rouge della storia – l’intensa ma infelice storia d’amore? La frustrazione di Rodin per i mancati riconoscimenti?

Un biopic che non decolla mai, rimanendo un omaggio autoreferenziale di Doillon allo scultore francese che manca del tutto la finalità divulgativa.

Un film che arranca, con una struttura narrativa poco snella e scorrevole e un ritmo quasi inesistente.

Dispiace per le buone intenzioni del mio caporedattore, ma stavolta se ho dato un’occhiata alla pagina Wikipedia di Rodin non è stato per curiosità ma per la disperazione di non sapere bene cosa dire dello scultore francese per poterlo salvare dall’immagine desolante che emerge da questa irritante pellicola.

 

Il biglietto da acquistare per “Rodin” é:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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