Rosemary Nyirumbe. Cucire la speranza, Whitten e Henderson

30.000 morti, 100.000 minori schiavizzati come baby soldato, oltre 2 milioni di profughi. In queste cifre si condensa la folle eredità dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra), milizia che da anni semina morte in Africa centrale. Ma dentro uno dei drammi più sconvolgenti di oggi brilla l’esempio e l’azione di una piccola, grande donna: Rosemary Nyirumbe, una religiosa ugandese che ha una visione chiara del cristianesimo. «La fede è meglio praticarla che predicarla».

Rosemary ha dedicato la sua vita a sostenere le vittime delle violenze dell’Lra, in particolare le ragazze sequestrate, brutalizzate e fatte schiave dai miliziani, le baby soldato cui è stata rubata ogni innocenza, donne rese strumenti di morte nelle foreste d’Africa.

Con delicatezza e passione Rosemary conduce da anni una pacifica battaglia fatta di istruzione, lavoro e riscatto attraverso ciò che sa fare meglio e che insegna alle sue ragazze: cucire e cucinare. Con risultati straordinari. Queste pagine, coinvolgenti e sconvolgenti, ci raccontano drammi quasi inconcepibili, ma ci fanno anche conoscere l’azione di una suora che ha restituito vita e dignità a migliaia di donne e di bambini. Un impegno che ha contagiato tanti volontari in tutto il mondo. Leggere la storia di Rosemary e delle sue ragazze rafforzerà la nostra speranza nel bene.

Nominata eroe dell’anno da CNN nel 2007. Inserita tra le 100 personalità più influenti del modo secondo Time Magazine nel 2014

Quando ho terminato la lettura di “Rosemary Nyirumbe, cucire la speranza” ho tirato un sospiro di sollievo. Sì, perché questo libro è come un grosso mattone che si appoggia sul cuore, è uno di quei libri che quando li finisci ti lasciano quella sensazione indescrivibile, un misto tra tristezza, ammirazione, amore, odio.

“Vuoi raccontarmi che cos’è successo quando vivevi nella foresta?” chiese gentilmente suor Rosemary a Sharon.
“Non posso, non mi perdoneresti mai”.
“Perdonarti? Perché avresti bisogno del mio perdono?”.
“Perché – mormorò Sharon, mentre le lacrime sgorgavano dai suoi occhi neri – mi hanno fatto uccidere mia sorella”.

Leggendo la quarta di copertina mi ero fatto un’idea completamente diversa di questo libro. Ero pronta a immergermi in una lettura dolorosa e straziante, ero convinta avrei letto la storia di una bambina soldato vista dagli occhi di una suora cristiana, ero egoisticamente felice di trovare la testimonianza di una donna che aveva sofferto ma che ce l’aveva fatta. Mi sbagliavo.

Questo libro parla di Rosemary Nyirumbe, una bambina forte e caparbia diventata suora in giovane età. Parla di amore, speranza e famiglia. Parla di fede. O almeno, questo è quello che mi è rimasto dentro. La guerra e le atrocità di Joseph Kony e del suo esercito sono scivolate via, piano piano, come se l’opera di questa suora (piccola piccola ma con una forza di volontà sovrumana) avesse fatto effetto anche attraverso le pagine di un libro.

Lasciamo però da parte per un attimo l’emotività e parliamo concretamente del libro. Edito da Emi (Editrice missionaria italiana), è scritto a quattro mani dalla giornalista Nancy Henderson e dall’avvocato Reggie Whitten, personalmente coinvolto nella causa di Suor Rosemary dopo la tragica perdita del figlio grazie all’associazione no profit Pros For Africa.

Suor Rosemary parla ad alcune donne.

Il libro racconta la vita di Rosemary Nyirumbe, ma non è una vera e proprio biografia. Racconta di fatti realmente accaduti, ma non è un saggio di cronaca nera. Racconta di bambini e donne sopravvissute al terrore, ma non è un vero e proprio romanzo. Questo libro è una perfetta sintesi di tutti e tre questi elementi e generi e devo dire che l’effetto finale è buono perché sono 230 pagine scorrevoli, scritte bene, dove la storia non arriva mai a un punto morto.

Faccio mie le parole usate da Toni Capuozzo, che ha scritto la prefazione al libro: “Questo libro è utile perché insegna, ma è anche scomodo”. Sì perché ci sbatte in faccia una realtà che qui in Italia è poco conosciuta, di cui si parla poco, una guerra che dal 1987 flagella molti paesi dell’Africa.

Sono migliaia le donne e i bambini mutilati, torturati, costretti a fare cose inimmaginabili dall’Lra e del suo comandante Joseph Kony, donne e bambini che però ce l’hanno fatta, grazie a Suor Rosemary. Le donne sono diventate insegnati, sarte, cuoche, alcune addirittura hanno intrapreso la carriera politica, diventando portavoce di persone che come loro hanno sofferto.

Noi in Italia vediamo solo la punta dell’iceberg: accendiamo la tv e sentiamo parlare di sbarchi, di profughi, di chi vuole respingerli, di chi li aiuta. A volte si tende a dimenticare che dietro ogni volto c’è una storia, una persona con del potenziale. Si dimentica che l’amore è più potente dell’odio.

Io, Suor Rosemary, l’ho amata fin da subito. Le è bastata una frase per conquistarmi: “Mi comporterò come se potessi”. Non poteva – non aveva i mezzi, i soldi, le attrezzature per far nulla – eppure ha creato un mondo. E da una storia così c’è solo da imparare.

Se vi consiglio questo libro è per tre motivi. Il primo è per conoscere questa piccola donna africana, stimatissima in America ma ingiustamente priva di fama qui in Italia. Il secondo è per avvicinarsi alla storia di una Paese che in un certo, anche se lontano geograficamente e culturalmente, ci è vicino. Il terzo è di natura più personale: leggetelo, perché i libri che hanno il potere di cambiarti in qualche modo, vale sempre la pena leggerli.

 

Suor Rosemary sarà anche protagonista a Pordenonelegge, venerdì 16 settembre, alle 11.30 nell’Auditorium dell’Istituto Vendramini.





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