“Scary stories to tell in the dark”: un horror ben realizzato ma classico

Riflessione socio-politica e spunto ambientalista non bastano a rendere memorabile il film di Øvredal

Un film di André Øvredal. Con Zoe Margaret Colletti, Michael Garza, Gabriel Rush, Austin Abrams, Dean Norris. Horror, 108′. USA 2019

Mill Valley, Pennsylvania, 1968. Si avvicina Halloween. Stella, studentessa solitaria con velleità da scrittrice, si lascia convincere dai suoi due soli amici, Auggie e Chuck, ad andare a fare pazzie durante la notte. Come prima cosa giocano un brutto scherzo al bulletto Tommy, che se lo merita, ma lui reagisce con vendicativa determinazione. In precipitosa fuga, i tre vengono salvati da Ramon, di passaggio in città. Fatta amicizia, Stella propone a Ramon e agli altri di andare nella vecchia casa infestata della famiglia Bellows, dove una volta viveva la leggendaria Sarah, una ragazza che, tenuta segregata dai familiari nello scantinato, raccontava storie dell’orrore attraverso le pareti ai bambini che venivano ad ascoltarle e che poi, si dice, facevano una brutta fine. Stella trova il libro dei racconti di Sarah e le cose volgono subito al peggio.

 

Una delle costanti del nostro mondo, che ancora sopravvivono nonostante la modernità, sono le leggende popolari. Si tramandano di generazione in generazione e mantengono immutata nel corso del tempo la loro sostanza, il loro messaggio. Molto spesso si tratta di storie dell’orrore, che infestano gli incubi di bambini e ragazzini per anni…

“Scary stories to tell in the dark” di André Øvredal, presentato in concorso alla Festa del cinema di Roma, parte proprio da questo, da una leggenda metropolitana e da un personaggio immaginario, quello di Sarah Bellows, vittima di angherie familiari che la costrinsero all’isolamento, per parlare in senso più ampio delle paure che ci accompagnano e che diventano i fantasmi della nostra esistenza.

Probabile inizio di una serie, visto il finale aperto, il film è un teen-movie in salsa horror, con protagonista un gruppo di adolescenti alle prese con la classica casa infestata e con l’emanazione del maligno. L’oscurità a cui si allude nel titolo, abbastanza presente nella prima parte, finisce purtroppo per svanire nella seconda. Quello che resta è soprattutto l’elemento teen, e degli effetti speciali piuttosto convincenti.

Il riferimento socio-politico – la storia è ambientata nel 1968, anno dell’uscita al cinema di un cult del genere horror come “La notte dei morti viventi” di George Romero ma anche dell’elezione di Richard Nixon alla Presidenza degli Stati Uniti – porta a una riflessione sul confronto tra gli orrori della realtà e quelli del soprannaturale.

Purtroppo, nonostante l’intenzione di distaccarsi dal panorama degli horror di questi anni, con l’innesto anche di un motivo ambientalista, forzato, che diventa la chiave di volta dello svolgimento narrativo, “Scary stories to tell in the dark” non decolla mai del tutto. Un film che, a differenza di molte storie dell’orrore, ricorderemo per qualche mese ma difficilmente per sempre.

 

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Concetta Piro
Nata a Napoli, a otto anni si trasferisce in provincia di Gorizia dove si diletta di teatro. Torna nella sua amata città agli inizi del nuovo millennio e qui si diploma in informatica e comincia a scrivere - pensieri, racconti, per poi arrivare al primo romanzo, "Anime". Nel frattempo ha cambiato di nuovo città e scenario, trasferendosi nelle Marche. Oggi conduce per RadioSelfie.it "Lo chiamavano cinema", un approfondimento settimanale sulla settima arte, e scrive articoli sullo stesso tema.

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