“Schumacher”: un documentario intimo e toccante sul campione di F1

La moglie e i figli, gli amici e i colleghi raccontano il campione, il compagno, l'uomo

Un film di Hanns-Bruno Kammertöns, Vanessa Nöcker, Michael Wech. Documentario. USA 2021

La forza di volontà e la lotta trionfale contro ogni avversità hanno portato Michael Schumacher al centro dell’attenzione internazionale. Il suo percorso iridato ha scatenato l’immaginazione di milioni di persone, ma non è stato solo l’automobilismo a contribuire al successo di quest’uomo estremamente riservato. C’è molto altro e non solo lo spirito competitivo e l’aspirazione alla perfezione che delineano la sua personalità: dubbi e incertezze completano il ritratto di un uomo sensibile e riflessivo. Al centro della storia di Michael ci sono i suoi genitori, i figli e Corinna Schumacher, amore dell’infanzia e donna della vita. 

 

Chi vi scrive non è un grande appassionato di automobilismo, e in generale considera un Gran Premio di Formula1 uno spettacolo noioso. Le mie poche nozioni in materia sono un riflesso della passione paterna, che non mi ha mai contagiato.

Penso fosse una premessa necessaria per spiegarvi il mio approccio alla visione di “Schumacher”, il docu-film incentrato sulla figura del campione tedesco, disponibile su Netflix.

Il mio timore era trovarmi davanti un panegirico sull’uomo, sul campione e su quello che ha rappresentato per milioni di tifosi. Invece, inaspettatamente, si è rivelato una visione stimolante sul piano narrativo e avvolgente su quello emozionale.

Dopo Ayrton Senna, scomparso prematuramente nel 1994, Michael Schumacher è probabilmente il pilota di F1 più apprezzato, sicuramente il più vincente (insieme a Lewis Hamilton). A piacere, la sua capacità di mescolare talento e “sregolatezza” in pista con pragmatismo e serietà teutonica. 

Cresciuto in mezzo ai motori, predestinato fin da ragazzino, Schumacher esordì in Formula1 il 24 agosto del 1991, all’età di 22 anni, nel Gran Premio del Belgio. Le sue capacità attirarono le attenzioni di Briatore, all’epoca manager della scuderia Benetton, che lo ingaggiò come primo pilota.

Da quel sodalizio arrivarono due campionati del mondo (nel 1994 e nel 1995), trionfi in parte oscurati dalla tragica scomparsa di Senna, che fu un duro colpo per lo stesso Michael, profondamente toccato dalla morte del suo avversario.

Il docu-film riesce a mostrare l’anima del protagonista, la sua umanità, il suo essere inflessibile e perfezionista sul lavoro ma anche giocoso e affettuoso con la famiglia. Il mito di uno Schumacher quasi robotico viene smentito dalle interviste fatte a piloti, amici e giornalisti, che permettono al pubblico di conoscere lati inediti di lui.

Nel 1995, dopo il secondo titolo con la Benetton, Schumacher decise di tentare una nuova sfida, riportare la Ferrari sul tetto del mondo. Ci vollero cinque anni di studio, sacrifici ed errori per riuscirci, ma alla fine l’entusiasmo e le attese dei tifosi vennero ripagate con cinque titoli consecutivi (2000-2004).

Il film racconta in modo vivido, appassionante e avvincente questa “traversata nel deserto” compiuta da Schiumi e dal team Ferrari nel corso dei cinque anni in cui si sono alteranti momenti di euforia ad altri di vero sconforto.

L’ultima parte del documentario è indubbiamente quella più malinconica e toccante, e affronta l’ultimo miglio della vita del campione prima del drammatico incidente sulla neve del 29 dicembre 2013 (quale beffa del destino, “sopravvivere” a tanti anni di corse a tutta velocità in F1 per finire così…).

La moglie Corinna e i figli raccontano con commovente sincerità e umanità come le loro vite siano cambiate da quel giorno, e quanto sia dolorosa non poter contare sulla presenza attiva del marito e del padre. Che però continua ad essere con loro, in modo più spirituale.

“Schumacher” è un bellissimo e riuscito omaggio al campione, che consente al pubblico di apprezzare e conoscere meglio anche l’uomo, amante delle sfide impossibili da realizzare e vincere. Ci auguriamo che possa ripetere l’exploit ancora una volta.

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