“Versailles”: la recensione della prima stagione della serie in costume

Alla corte di Luigi XIV, passato alla storia come il Re Sole, tra intrighi di palazzo, cospirazioni e sesso

Una serie ideata da Simon Mirren, David Wolstencroft. Con George Blagden, Alexander Vlahos, Dominique Blanc, Tygh Runyan, Noémie Schmidt, Evan Williams, Anna Brewster. Drammatico, in costume. Francia, Canada. 2015-2018

Il re di Francia Luigi XIV, che ha 28 anni, vuole la nobiltà francese presente all’autorità del potere reale. Per lasciare Parigi e gli eventi della Fronda che ancora lo perseguitano, ha deciso di spostare il suo governo nell’ex residenza di caccia di suo padre. Per attirare i nobili alla sua corte, e tenerli in tal modo sotto controllo, ha lanciato la costruzione della reggia di Versailles. Questa impresa di dimensioni e costi sproporzionati susciterà malcontento e discordia. In un ambiente di corte travolto dalle cospirazioni, come farà Luigi ad imporre il suo potere di vivere, le sue passioni amorose e guadagnare il titolo di Re Sole?

 

La vita di corte in Francia può essere affascinante, ma anche irta di pericoli e trappole – citofonare a Maria Antonietta, se volete averne la riprova. Essere re non è mestiere facile: non devi solo governare, ma anche essere visionario al punto giusto evitando, en passant, di farti uccidere dal primo congiurato che passa.

Il monarca protagonista della serie storica franco-canadese “Versailles”, ideata da Simon Mirren e David Wolstencroft, è Luigi XIV, una vera super-star, per l’epoca, passato alla storia come il Re Sole.

Siamo nella Francia del 1667. Luigi ama la vita e le belle donne, ma è anche abbastanza scaltro da capire che alla sua stessa corte c’è chi briga contro di lui. Il sovrano ha una visione: modernizzare la Francia. E per farlo vuole iniziare costruendo una reggia che funga da esempio e da modello, una reggia degna delle Mille e una notte.

“Versailles” è una serie bella da vedere, ricca e sontuosa. Le scenografie, i costumi e le ricostruzioni degli ambienti sono accurate; la regia è di buon livello, sontuosa e creativa. Ma come spesso accade cotanto fumo finisce per nascondere ben poco arrosto.

Lo spettatore segue la complicata vita del Re, del fratello Filippo e dei cortigiani senza però esserne davvero trascinato. Manca un qualche spunto narrativo che permetta al pubblico di sentirsi come se si trovasse egli stesso per i corridoi e nei grandi saloni.

Gli attori sono belli, eleganti e fascinosi, ma non convincono sul piano interpretativo. Appaiono come dei bei quadri, o se preferite delle belle statuine, senza mordente e carisma, se si eccettua Alexander Vlahos, che interpreta Filippo Duca d’Orléans, abbastanza intenso nei primi piani.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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