“Shark bait”: un thriller scialbo e inutile, anche per gli standard estivi

Un gruppo di amici in vacanza, un incidente in mare, un temibile squalo bianco predatore

Un film di James Nunn. Con Holly Earl, Manuel Cauchi. Thriller, 87′. Gran Bretagna 2022

Un gruppo di amici – Nat e il fidanzato Tom, Milly, Tyler e Greg – sta trascorrendo una vacanza in una località marittima. Per divertirsi dopo una notte di baldoria, si impossessano di due moto d’acqua per una gita in mare aperto. Dopo essere sfrecciati lontano dalla riva, i giovani non trovano di meglio, per spassarsela, che puntare le moto d’acqua una contro l’altra a tutta velocità con la conseguenza di causare un incidente nel quale Greg si ferisce e l’unica moto rimasta a galla comunque non riparte. E se la situazione sembra brutta, peggiora quando compare sulla scena un famelico squalo bianco.

 

Gioca coi fanti ma lascia stare i santi, recita il detto. Che riadattato in chiave cinematografica potrebbe diventare: alcuni capolavori è meglio che restino unici, senza tentativi (spesso mediocri) di recupero in chiave moderna.

Purtroppo invece Hollywood, nella sua corsa senza freni alla modernizzazione e al reboot, non sta risparmiando nessuno, neppure “mostri” sacri come il feroce predatore reso immortale dal talento di Steven Spielbger a fine anni ’70.

I risultati, manco a dirlo, sono stati fino a oggi modesti se non direttamente insulsi. E l’ultimo film della serie, “Skark Bait” di James Nunn, in uscita al cinema in questa ultima settimana di luglio, si aggiudica il poco invidiato premio di peggiore del peggiori.

Un gruppo di amici in vacanza non si fa scrupoli a rubare due moto d’acqua e farsi un giro in mare, nonostante l’ubriachezza. La “bravata” costerà loro cara, quando si ritroveranno dispersi e soprattutto oggetto delle “attenzioni” di un feroce squalo bianco.

Gli sceneggiatori hanno cercato di unire thriller e survival movie, contesto vacanziero e protagonisti giovani e disinibiti. Il risultato è esile e banale; l’intreccio costruito su luoghi comuni e stereotipi di genere che non fornisce nemmeno uno spunto originale o interessante.

“Shark bait” è incapace di trasmette allo spettatore pathos, paura o coinvolgimento, piuttosto una certa ilarità verso i personaggi, che sono caratterizzati in modo superficiale e del tutto privi di credibilità.

Il giovane cast, per quanto volenteroso e di bella presenza, manca di quella personalità necessaria a portare in porto – perdonatemi la facile metafora nautica! – con successo un film che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere giocato sull’aspetto psicologico e sull’attesa.

Insomma, “Skark bait” è un film brutto, scialbo e inutile anche per gli standard delle uscite estive. Il suo unico merito è farci apprezzare (o invidiare) le ambientazioni marittime, mentre noi boccheggiamo in città.

 

Il biglietto da acquistare per “Shark Bait” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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