“Shark – Il primo squalo”: un film estivo, che diverte senza colpire

Jason Statham monolite tutto muscoli e zero espressioni in una pellicola dove emerge solo lo squalo

Un film di Jon Turteltaub. Con Jason Statham, Bingbing Li, Rainn Wilson, Ruby Rose, Winston Chao, Cliff Curtis. Azione, 113′. USA 2018

Un sommergibile viene attaccato da un’imponente creatura che si riteneva estinta, uno squalo preistorico di quasi 23 metri conosciuto come Megalodon, e trascinato sul fondo della fossa più profonda del Pacifico con il suo equipaggio intrappolato all’interno. Per salvare gli uomini – e l’oceano – viene chiamato l’esperto di salvataggi subacquei Jonas Taylor (Statham).

 

Da isolano che ama la montagna e l’inverno più dell’estate potrei non essere il candidato più adatto a parlare di questo film, ma neppure io, nonostante le mie preferenze, ignoro il fascino che il mare ha esercitato da sempre su scrittori e registi.

Il buon Steven Spielberg, ad esempio, deve parte del suo successo alla fortunata saga de “Lo squalo” che ha conquistato intere generazioni di spettatori, più per l’ipnotica e avvolgente colonna che per la storia, tutto sommato ripetitiva.

Nel panorama contemporaneo, dove si punta alla riproposizione di spunti già visti piuttosto che alla creazione di altri ex novo, non sorprende più di tanto l’operazione messa in piedi dal regista Jon Turteltaub e dagli sceneggiatori di “Shark – Il primo squalo”.

Il film guarda al passato, addirittura alla preistoria, adattando per il grande schermo il romanzo “Meg” di Steve Allen, uscito nel 1997. Il megalodonte – squalo preistorico tre volte più grande del suo parente più stretto, il grande squalo bianco – è un soggetto dall’enorme potenziale.

Purtroppo “Shark – Il primo squalo” è imbarazzante sia nella costruzione dell’intreccio che in quello dei personaggi. I dialoghi sono stiracchiati, poco credibili, talvolta inutili. La sceneggiatura sembra tagliata con l’accetta, ogni scena sembra ideata, scritta e poi girata in modo frettoloso.

Un vero peccato, perché la storia aveva delle buone potenzialità narrative, storiche e soprattutto ambientalistiche che gestite con un po’ più di attenzione e talento avrebbero potuto configurarsi in un prodotto degno di nota. Qui invece domina solo la sensazione di già visto.

Nonostante gli evidenti limiti strutturali e registici, la pellicola riesce comunque a coinvolgere lo spettatore quando sulla scena appare il megalodonte, spaventoso quanto grandioso.

Jason Statham, nonostante sia un monolite sul piano espressivo e recitativo, si impegna per apparire almeno un po’ credibile in questa versione 2.0 del “vecchio” di Hemingway, in dove i muscoli hanno sostituito l’intelligenza e la malinconia esistenziale.

“Shark – Il primo squalo” non ha grandi pretese, se non quella d’allietare una serata estiva dello spettatore. A fine proiezione, moderatamente soddisfatti, non si può non chiedersi quale sarà il prossimo scheletro a venire prelevato dall’armadio di Madre Natura per costruirci sopra un film. Staremo a vedere.

 

Il biglietto da acquistare per “Shark – Il primo squalo” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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