“Son-Mother”: una storia straziante, dolorosa, terribile sull’Iran di oggi

Mahnaz Mohammadi parla della vita delle donne e dei bambini iraniani, senza eccedere mai nei toni

Un film di Mahnaz Mohammadi. Con Raha Khodayari, Mahan Nasiri, Reza Behboodi, Maryam Boubani, Shiva Ordooie. Drammatico, 102′. Iran 2019

Leila non ha davvero scelta. Da quando suo marito è morto, si è presa cura da sola di suo figlio Amir, di dodici anni, e della figlia minore, provvedendo a garantire una regolare entrata economica senza alcun sostegno. In aggiunta, l’economia iraniana, il suo spirito libero e il gossip giornaliero potrebbero farle perdere il lavoro in fabbrica in ogni momento. Quando l’amorevole e vedovo Kazem, autista degli autobus della fabbrica, le chiede di sposarlo, lei e suo figlio sono costretti a compiere una decisione seria – perché il sui nuovo matrimonio è legato a una condizione impossibile.

 

Ci sono dei film che lasciano senza parole e con il cuore gonfio di dolore e rabbia. Uno di questi è sicuramente “Son-Mother” di Mahnaz Mohammadi, presentato in concorso ad Alice nella città, che ci auguriamo possa avere una distribuzione italiana e venga visto da tanti spettatori in sala.

Si tratta della storia straziante, dolorosa e terribile di una madre iraniana, costretta ad abbandonare il figlio dodicenne nella speranza di poter dare, almeno, una vita decorsa alla sorellina. Una vicenda che non mostra soltanto la condizione della donna rimasta vedova in Iran ma anche quella dei figli, destinati alla povertà e alla fame in determinate condizioni.

“Son-Mother” è un film secco, asciutto, angosciante, diviso narrativamente parlando in due atti. Il primo è il racconto di una decisione impossibile e di una lacerante separazione, e si chiude con la resa della protagonista Leila che acconsente al matrimonio; il secondo, invece, propone il punto di vista del giovane Amir, lasciato dalla madre in un collegio di sordomuti che però fa da copertura per una criminosa vendita di minori.

Se possibile questo secondo atto è ancora più potente, incalzante e traumatico del primo per lo spettatore, ma è comunque l’intero film ad essere un pugno nello stomaco.

La regista Mahnaz Mohammadi firma un’opera dal valore sociale e culturale e dal grande impatto emotivo ed esistenziale, e si dimostra talentuosa, creativa e sensibile nel raccontare una prassi drammaticamente comune in Iran, senza mai eccedere nei toni o nel linguaggio.

Uno Stato e una società che dividono legalmente una madre e un figlio non potranno mai essere un modello da seguire. Lo spettatore, dopo aver questo film, non potrà che rivalutare le leggi e le consuetudini della nostra bistrattata Italia.

 

Il biglietto d’acquistare per “Son-Mother”:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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